Quando nei paesi dell’Est Europeo dominavano i regimi comunisti, nel nostro Occidente si favoleggiava di “Paradisi Sociali” in cui tutto funzionava alla perfezione perchè, tutti, erano consapevoli del fatto che i “benefici” di cui godevano erano il frutto della certezza di ognuno di essere, contemporaneamente, artefice e beneficiario di quel benessere.

 E ce la raccontavano nei dibattiti televisivi, e sulla stampa amica, e nei comizi, e nei crocchi che si formavano, in modo “spontaneo”, che so, a piazza Duomo, a Milano, o a Piazza Maggiore, a Bologna, dove la sera, ben istruiti “agit-prop” (così si denominavano gli agitatori propagandisti del P.C.I.), dando a intendere che passavano da lì “per caso”, intervenivano nei dibattiti più o meno “spontanei”, e tiravano fuori le loro, ad uso dei gonzi, ”verità” attinte dalla stampa di partito e, purtroppo, spesso, avallate dalla stampa democristiana che faceva a gara con quella del P.C.I. a chi era più “di sinistra”. Addirittura Alcide De Gasperi, del quale bisogna riconoscere intuito politico e spiccata perspicacia tattica, non fu immune dal pernicioso contagio di quella nefasta “Sindrome demagogica”, per come arrivò ad affermare: “la Democrazia Cristiana è un Partito di Centro che guarda a sinistra”. Volendo significare che “guardare a sinistra” era l’indispensabile salvacondotto per accattivarsi le grazie del P.C.I. cui spettava l’ambita assegnazione di patenti democratiche, per investitura...partigiana. E guardandosi, e specchiandosi, e rimirandosi tra loro, alcune delle due componenti, DC e PCI, finirono con l’identificarsi, snaturandosi e imbastardendosi, con reciproca e simmetrica “cupio dissolvi”. Ed oggi assistiamo all’epilogo funesto di quel paradossale sodalizio. E gli “intellettuali, tutti, si accodavano per ritagliarsi un ruolo più che vantaggioso in quell’auspicato “futuro assetto sociale” che doveva dare agli italiani gli stessi “privilegi” di cui godevano, ormai da tempo, i fortunati (beati loro) cittadini sovietici. E le sagrestie d’Italia cominciavano a sfornare giovani galletti “catto-comunisti” e ad inebriarsi alle folate di quel vento che, dicevano, avrebbe portato pace e benessere ed eliminato, per sempre, le disparità sociali. E, per fortuna, loro e nostra, abbiamo visto come è andata a finire. Era allora, sindaco di Firenze, un “democristiano di sinistra”, Giorgio La Pira, soprannominato il “sindaco santo” che, in modo ingenuo e pappagallesco, arrivò a denominare il consiglio comunale di quella città “Presidium”, in omaggio al PRESIDIUM SUPREMO DEI SOVIET che, come sappiamo, era stato presieduto da un altro stinco di santo: GIUSEPPE STALIN. Ma si può essere più santi e ...più fessi di così? Certo che sì? Si può essere, addirittura, “UTILI IDIOTI”. Era questo il termine che Stalin aveva coniato per quegli “idioti” che si rendevano “utili” alla causa. La sua. Ma la cosa paradossale era che i grandi industriali e i capitalisti, da Agnelli a Bassetti, a Marcora, fraternizzavano con i sindacati ed amoreggiavano col P.C.I. che faceva da sponda alle loro continue richieste di aiuti, incentivi e “cassa integrazione”, con una buona dose di protezionismo che garantiva contro i rischi del “libero mercato” e della concorrenza straniera che offriva beni, peraltro, più solidi e duraturi. Ci volli veder chiaro, in questo imbroglio, e adottai la strategia del finto tonto, che vuol rendersi conto delle tanto decantate conquiste sociali. Programmammo, io ed il compianto mio cugino, Ottorino, una serie infinita di viaggi in quei      paesi della “cuccagna”. DIRITTO GRATIS ALLO STUDIO. Verificammo, io ed Ottorino, che in quei “paradisi”, fino alle medie superiori, quel diritto veniva abbondantemente pagato con il cosiddetto lavoro “volontario” o “patriottico”, non remunerato, che nulla aveva di volontario o patriottico. Era, in effetti, solo “obbligatorio”. Ma se, appena conseguita la maturità, ambivi accedere ad una facoltà universitaria, onde affrancarti dalla maledizione delle ristrettezze riservate al tanto decantato “proletariato”, ti toccava fare i conti con il “diritto di precedenza ”riservato ai figli della “Nomenklatura” che, solo raramente, dava spazio per assicurarsi quel privilegio che era riservato ai futuri “colletti bianchi” provenienti, tutti, da famiglie che non si portavano addosso il sudore del duro lavoro manuale. DIRITTO AL LAVORO. Inutile dire che quel diritto era un “ OBBLIGO ” al lavoro,  retribuito con mercede, spesso, da fame. DIRITTO GRATIS AL TRASPORTO, di studenti e lavoratori . Avevamo notato che il Comune di Bologna, la rossa Bologna, colto da frenesia socialitaria, nell’azienda municipale dei trasporti, nelle fasce orarie a servizio di lavoratori e studenti, aveva istituito il trasporto gratuito di cui approfittammo anche noi, pur non essendo nè bolognesi, nè studenti, nè lavoratori, ma semplicemente “sporchi borghesi” di passaggio. Della spesa si faceva carico il Comune, cioè Pantalone, cioè quegli imprenditori, onesti contribuenti, ai quali, all’epoca in cui vigeva il regime del concordato tributario, veniva rinfacciato di “navigare nel troppo benessere:-ci risulta che lei ha mandato suo figlio in vacanza a Rimini ( come se fosse un reato).  -“Ma se io, a Rimini, ci mando i figli dei miei dipendenti, nelle colonie appositamente istituite dalla mia azienda?” E cosa non dovemmo constatare, noi, ”sporchi borghesi”, nella Romania di Ceausescu? In qualsiasi fascia oraria, sui mezzi pubblici pagavano tutti, operai, contadini, barbieri, spazzini, sarti, studenti e docenti, e per giunta, con tariffe esageratamente alte se rapportate ai salari medi percepiti. Ma c’erano alcune eccezioni. Erano esentati, in tutte le fasce, esclusivamente i dirigenti di partito, con relative mogli e figli, i sindacalisti, i poliziotti e, sempre, mogli e figli, previo esibizione di apposito documento. Per fortuna, la pagliacciata bolognese non durò a lungo. Ed anche a Bologna rinsavirono. Pantalone non può seguirti fino alla follia. Anche Pantalone, se pur “fesso”, pone limiti alla follia. DIRITTO ALLA TERRA. Era questo il logoro slogan: ”LA TERRA AI CONTADINI”, che per decenni i comunisti avevano declamato, per far sognare tutti i contadini del mondo, ma che, ormai da decenni, ripetevano stancamente, sempre  più sottovoce, per far dimenticare che la terra, come le fabbriche, come le Ferrovie, come ogni e qualsiasi altro bene, era solo dello Stato. E i comunisti nostrani si guardavano bene dal rivelare ai contadini che ancora ci credevano che nel Paradiso sovietico la terra era tutta dello   Stato e, quando i Kulaki, i piccoli proprietari, manifestarono in massa sulla Piazza Rossa, a Mosca, per reclamare il promesso DIRITTO    ALLA TERRA, Stalin non esitò ad ordinare il fuoco alla mitragliatrici  già predisposte al contorno della Piazza Rossa che, finalmente ebbe un motivo per chiamarsi rossa, tanto fu il sangue di quella ecatombe. Comunque un risultato, anche se beffardo, quei kulaki l’ottennero. Ciascuno di loro ottenne il diritto ad un po’di terra: 1.76 mq, corrispondenti alla superficie necessaria per l’inumazione (provate a  moltiplicare 2.20 mq x 0.80 mq. Il risultato è esattamente 1.76 mq,  giusto lo spazio  necessario per il sotterramento dei cadaveri). IL PRINCIPIO DEI …CESSI COMUNICANTI. Ora sentite questa che la dice lunga sull’efficienza comunista. Piatra Neamtz è una ridente città della Romania, di oltre 100.000 abitanti, nella Moldavia rumena, importante distretto minerario che Ceausescu voleva rilanciare, in campo europeo, come fornitore esclusivo di minerali pregiati che abbondavano nel sottosuolo dei Monti Ceahlau. E non si era risparmiato, dissanguandosi, nella costruzione di grandi alberghi destinati ad ospitare gli immancabili partners stranieri. Il più importante, di recente costruzione, era l’Hotel Ceahlau, con ben 14 piani. Ne fummo ospiti per una notte. Verso le sei del mattino fummo svegliati da un rumore come di sciacquone e, con sorpresa dovemmo constatare, noi che eravamo al 2º piano, che ad ogni scarico dei 12x2= 24 bagni contigui, sovrastanti, di quella colonna montante, seguiva una fuoruscita di liquami fecali, sì, proprio feci frammiste a orina, dal vaso del nostro bagno, che fungeva da valvola di scarico, con la conseguenza di allagare la nostra stanza, ovviamente, per ostruzione, alla base, della colonna montante di scarico. Ottorino, da quel bravo docente di fisica qual era, non smentì il suo consueto sarcastico “houmor” in stile anglosassone: “Ecco un’istruttiva dimostrazione Idraulica del famoso e noto PRINCIPIO DEI VASI  COMUNICANTI. E i Cessi, è notorio, sono appunto detti Vasi. Verificai che i nostri effetti non fossero appoggiati a terra (feci in tempo   a mettere in salvo le scarpe sul tavolo) e con piglio allarmato chiamai la Reception: -- Alò, aici este inundatie. -Imediat vine camerista. Ma dopo cinque minuti, visto che non veniva alcun “camerista” -Ati inteles bine? Aici este inundatie puturoasa. -Mâ scusati,domnu,imediat vine camerista. Mi resi conto di cosa si doveva intendere col termine “imediat” (immediatamente) in quei regimi e, saltellando tra letto e sedie, riuscii a vestirmi e, trampolando sulle sedie, raggiunsi la porta ed imboccai l’ascensore. Nella hall regnava la calma più assoluta. Seduti, in uno dei salottini, in amabile conversazione, la “shefa” dell’Hotel e gli altri addetti, fumavano e bevevano il caffè (caffè?Surrogato!) -Domnule,sus,la etaj 2,este o serioasa inundatie de“rahat”( me...). Finalmente avevo provocato l’energica reazione di “doamna directora” che, con molta autorevolezza, finalmente impartiva al personale l’ordine perentorio di trasferire “imediat” tutti i nostri effetti in altra “accomodation”, al 10º piano, su altra colonn. E, stavolta, fu davvero... “imediat”. Mi venne da chiedere ad un cameriere: ”È la prima volta che si verifica questo inconveniente?” Mi guardò con un sorrisetto malizioso:”in fiecare sâptâmânâ” (ogni settimana).  L’APPREZZATA RICHIESTA DI SCUSA. La giovane direttrice s’impegnò di persona ad accompagnarci nella nuova sistemazione, che era un’elegante “suite” e chiese se gradivamo un caffè. Accettammo di buon grado ma col patto che il caffè fosse il nostro, usando, l’eufemismo “per via della tostatura”. Conversando piacevolmente sorseggiammo il caffè tra una boccata e l’altra delle nostre gradite Marlboro. Ebbi modo di osservarla meglio, e mi resi conto che, oltre che spigliata, era di aspetto molto gradevole, di una bellezza quasi giunonica, non priva di una garbata signorilità. SCUSE ACCETTATE DI BUONGRADO. Tutto scivolò su un altro piano, che non era in programma. E lei non disdegnò affatto le mie attenzioni, premurandosi di essere il più possibile “carina”, e non astenendosi dal farmi confidenze, anche intime, sulla sua famigliola, mostrandomi orgogliosamente le foto del suo grazioso bambino. Detto in chiaro, si sostituì a Ceausescu nel chiedere scusa, e provvide a mitigare lo sgradevole disagio causato, nel solo modo che le era possibile. Facendo ricorso, unicamente, alle sole risorse di cui disponeva: quelle personali.

Ernesto SCURA

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