Vangelo di Giovanni 10, 11-18: In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.

Il mercenario — che non è pastore e al quale le pecore non appartengono — vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Commento al Vangelo di oggi:

Il grande teologo tedesco D. Bonhoeffer: “Gesù, il buon pastore, dice di sé che conosce i suoi. Essere conosciuti da Gesù significa la nostra beatitudine, la nostra comunione con lui. Gesù conosce solo coloro che ama, coloro che gli appartengono, i suoi (2 Tm 2,19). Ci conosce nella nostra qualità di perduti, di peccatori, che hanno bisogno della sua grazia e la ricevono, e al tempo stesso ci conosce come sue pecore. Nella misura in cui ci sappiamo da lui conosciuti e da lui soltanto, egli si dà a conoscere a noi, e noi lo conosciamo come colui a cui solo apparteniamo in eterno (Ga14,9; 1 Cor8,3)”. Le parole che Gesù pronuncia in questo episodio sono infine rassicuranti. Egli afferma che può strappare dalla sua mano quelle pecore che fanno parte del suo gregge perché egli ha dato la sua vita per esse. Quindi fra noi e Lui c’è un rapporto di amore così stretto e inscindibile, che nemmeno la morte può distruggere.

Contemplo:

Tu uomo, devi riconoscere che cosa eri, dove eri, a chi eri sottoposto: eri pecora smarrita, eri in luogo deserto e arido, ti nutrivi di spine e sterpi, eri affidato a un mercenario che al sopraggiungere del lupo non ti proteggeva. Ora invece sei stato cercato dal vero pastore che, per il suo amore, ti ha caricato sulle sue spalle, ti ha riportato all’ovile che è la casa del Signore, la Chiesa: qui Cristo è tuo pastore e qui sono riunite a dimorare insieme le pecore. Questo pastore non è come il mercenario sotto il quale stavi quando ti travagliava la tua miseria e tu dovevi temere il lupo. La misura della cura che ha di te il buon pastore, te la dà il fatto che per te ha dato la sua vita. Offrì se stesso al lupo che ti minacciava, lasciandosi uccidere per te. Ora dunque il gregge dimora sicuro nell’ovile, senza bisogno di altri che chiudano e aprano la porta del recinto: Cristo è il pastore ed è la porta, è insieme anche il pascolo e colui che lo fornisce. I pascoli che il buon pastore ha preparato per te e dove ti ha collocato a pascerti non sono quelli verdeggianti di erbe miste, dolci e amare, i quali ora ci sono, ora no, a seconda della vicenda delle stagioni. È tuo pascolo la parola di Dio, e i suoi comandi sono i dolci campi dove pascerti.

 

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