Un giovane artista polacco, Jerzy Szumczyk, ha collocato nel centro di Danzica una statua che ricordava gli stupri di guerra commessi dai sovietici ai danni delle donne tedesche. La statua, intotolata “Komm Frau” (Vieni donna), ritrae un soldato russo nell’atto di violentare una donna incinta mentre le punta una pistola alla testa.

Son tanti i giornalisti italiani, di sinistra, che si sono, con  frenetica passione, cimentati nel voler attribuire ai nostri  soldati, nei territori occupati durante la seconda guerra mondiale, immaginari atti di violenza nei confronti di donne. Laddove, la correttezza dei nostri soldati, nella Russia di Stalin è tuttora confermata dall’espressione :  “italiani brava gente”. E non vi dico in Grecia dove il ricordo dei nostri soldati ha rafforzato il detto che da sempre ci ha accomunati con quel popolo : “una faza, una raza”. Mi raccontava l’avvocato Attilio C. reduce del fronte russo, che i rapporti con la popolazione civile furono sempre improntati a correttezza, rispetto e stima e, con le donne, poi, si instaurava una corrispondenza “d’amorosi sensi” grazie al  fascino del “Latin lover”. E mai ci fu forzatura da parte dei nostri per ottenere i piaceri del talamo. Se mai, furono le   ragazze a sollecitarne l’avvio. E quando giunse il momento     della fatidica ritirata, la sua “morosa” gli si attaccò al collo in preda al pianto, e i commilitoni dovettero faticare a staccare quelle braccia lasciandola a terra in preda alla disperazione. In Grecia, data l’affinità mediterranea, non vi fu alcun ostacolo a far fraternizzare italiani e greche, nel reciproco rispetto e nella scontata stima dei congiunti delle “despinise”. Mio cugino Ciccio si era fidanzato con Dimitrula che era la figlia del “Papas” (prete) di Xylokastro, il tutto col consenso del padre e della madre. Ci fu anche chi ricorreva alle prostitute che erano, sempre  e soltanto, delle volontarie. È famosa la scenetta del film “Mediterraneo in cui la prostituta offre i suoi servizi: “- Vassilissa: Soy Vassillissa, soy una puta... può interessar? - Lo Russo: Una puta?   - Vassilissa: Una puttana! - Lo Russo: Ah, dovrei consultare il regolamento ma... direi che... sì, può interessar!”  Mi raccontava un anziano medico di Bucarest che, durante la guerra, gli italiani riscuotevano la più sincera simpatia da parte dei rumeni e, più che altro, delle rumene. Ricordava quasi con commozione alcune scenette di cui sovente  erano protagonisti gli italiani, nei bar e nei bistrot, dove il soldato italiano, seduto, aveva una ragazza a cavalcioni di ognuno dei due ginocchi e, una terza, alle spalle, gli stava allacciata al collo. E i rumeni, non nutrivano sentimento di odio o invidia. Al massimo, erano gelosi di quel successo. Questo mio lungo excursus sul comportamento dei soldati italiani durante il secondo conflitto mondiale, ha lo scopo di  evidenziare il confronto tra soldati del REGIO ESERCITO italiano e quelli dell’ARMATA ROSSA sovietica. Ma, a voler essere magnanimi, il confronto si riduce ad una semplice comparazione tra il BENE e il MALE.

La foto è stata scattata nella Berlino appena “liberata” dai soldati sovietici, e non occorre aggiungere alcun commento su chi è proprietario della bicicletta e su chi se ne vuole  appropriare. Scontato ? Mica tanto. Un giornalista di sinistra apporrebbe la didascalia : Donna tedesca tenta di sottrarre la bicicletta ad un mite soldato dell’armata rossa.

La loquacità di questa foto non ha bisogno di commenti

La PRUSSIA ORIENTALE era una enclave tedesca aldilà della Polonia, la cui capitale era la famosa KÖNISBERG,  che diede i natali al famoso filosofo tedesco Immanuel KANT. Oggi è una città russa senza alcuna continuità col territorio russo, e si chiama Kaliningrad, dal nome del generale russo che la conquistò.

Queste due donne austriache, si sono suicidate con una  dose di cianuro, sulla panchina di un parco di Vienna. Motivo? Evitare lo strazio di finire, ripetutamente, stuprate  dalle belve assatanate dell’Armata Rossa.   

La FINLANDIA fu una delle prime vittime dell’espansionismo sovietico che già nel 1939 usurpò una parte del suo territorio (ISTMO DELLA CARELIA e PENISOLA DI KOLA) 

Nei distretti tedeschi di Schlave,Lauenburg e Buckow, nelle  prime settimane dell’occupazione sovietica, fu violentata ogni donna di età compresa tra i 12 e i 60 anni.  Esaltati dagli effetti del vino trovato nelle cantine, i rossi, in Pomerania perquisirono tutte le case in cerca di donne che, sotto la minaccia di mitra e pistole, furono stuprate nei  camion e addirittura nei carri armati.

Abbiamo la testimonianza oculare di un giornalista americano che, fatto prigioniero dai tedeschi in Francia, fu rinchiuso in un campo di prigionia da cui, in seguito, fu liberato di sovietici. Seguì l’avanzata sovietica fino a Berlino e oltre. Racconta:  “Diverse ragazze si sono suicidate. Altre sono morte dopo  essere state violentate da 10 soldati in successione. Alcune si attaccavano a ex prigionieri di guerra americani o francesi ostentando di essere già impegnate con un alleato. I russi, infatti, rispettavano una specie di “codice d’onore per il quale  potevano impossessarsi dell’orologio o della stilografica dell’ex prigioniero alleato, ma non della ragazza. 

Il racconto del giornalista americano è a volte raccapricciante: spesso giacevano donne nude e morte, con le svastiche intagliate sull’addome, i seni tagliati, i volti ridotti a poltiglia. Ad alcune sporgeva un manico di scopa dalla vagina. Le madri avevano dovuto assistere allo stupro delle loro  figlie di 10 e 12  anni da parte di una ventina di quei bestioni.

Le stime del numero di donne violentate dai soldati sovietici   si aggira attorno ai due milioni. Almeno 100.000 donne si   pensa siano state stuprate nella sola Berlino. Le morti di donne    in relazione agli stupri sono stimate in circa 240.000. Questo scempio fu definito “il più grande fenomeno di stupro di massa della storia”. 

 Ernesto Scura

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