di Giacinto De Pasquale

Come suol dirsi “fresco di stampa”, ecco l’ennesimo affresco della Corigliano consegnata ai ricordi, firmato Giovanni Scorzafave dal titolo “Il 1963 nella “mia” città - La Polisportiva Corigliano” (Editrice: Libreria Il Fondaco).

L’ultima fatica narrativa del professore di matematica ed informatica oggi in pensione, ci offre un ulteriore spaccato della Corigliano di un tempo. Questa volta Scorzafave si lascia trascinare dalle forti emozioni vissute da un tredicenne in quel lontano 1963 allorché “finalmente – scrive l’autore – si realizzava un sogno per l’antica città degli Ausoni, quello di trasformare le tranquille giornate dedicate, di solito, alla famiglia, ma anche quelle da solo in un cortile a passeggiar, in giornate vivaci e intense, dai colori biancoazzurri (quelli della nostra squadra di calcio).” Era il tempo del pallone di cuoio. Era il tempo delle casacche senza sponsor, senza nome stampato sul retro e i numeri andavano dall’1 all’11. Ogni nazione aveva la sua peculiare scuola calcistica, uno stile ben identificato. In Italia c’era il “libero”, in genere elegante e tecnico era l’ultimo baluardo della difesa, agiva dietro lo stopper. Le rose non erano allargate al massimo 15 giocatori e molti provenivano dal vivaio. Le formazioni allestite in giugno erano quelle che concludevano la stagione. Era il calcio ascoltato alla radio: dove l’ala destra attaccava verticalizzando l’area di rigore. La stampa sportiva era capace di esaltare gesta, cogliere sprazzi, creare emozioni, scriveva con sagacia e si poteva leggere di campioni leggendari. Era l’Italia del boom economico, quella che intendeva mettersi alle spalle, definitivamente, il dopoguerra. Il racconto che fa l’autore del libro è puntuale, perché ci fa rivivere l’atmosfera di quegli anni, non solo dal punto di vista calcistico, ma sotto gli aspetti sociali, culturali, politici ed economici del tempo. Scorzafave fa penetrare il lettore nella Corigliano del 1963, con le sue ombre e le sue luci, ma è indubbio che l’asse portante della storia è la Polisportiva Corigliano. Lo sforzo degno di ogni considerazione fatto da Giovanni Scorzafave in questo libro è condensato nelle parole del prof. Giuseppe De Rosis nella prefazione al libro: “Recuperare altri momenti del passato, impedire che vengano cancellati dalla salsedine del tempo, consegnarli alle future generazioni, come perenne incentivo ad un rifondazione dell’umanità, che guarda al passato con nostalgia, ma anche con la coscienza di quanto il passato può darci ancora, anche questo è un aspetto importante del testo”. Personalmente quegli anni li ho vissuti come in un sogno, avevo appena cinque anni, ma ricordo nitidamente calciatori come Menozzi, Artone, Mazzacane, Valentini e mister Tommaso De Pietri perché erano ospitati nell’albergo della mia famiglia. Che euforia, che attaccamento nei confronti di quei ragazzi che finalmente avrebbero cambiato per sempre le sorti della storia del calcio coriglianese. Come ci racconta Scorzafave quella squadra venne “derubata” di una promozione guadagnata sul campo, ma tutto ciò non scalfì minimamente l’impresa che comunque i biancoazzurri riuscirono a realizzare sul campo. Ancora oggi quando incontro Pierino Salimbeni o Parisio Camodeca, il pensiero non può che andare a quei momenti. Così come con l’amico e collega Ernesto Paura, con il quale spesse volte nel ricordare la Polisportiva si rimpiange l’amore verso il calcio vero e la maglia indossata. Questo intenso e particolare libro ricco di storia, di date e di immagini mi offre lo spunto per ricordare uno dei maggiori esponenti di quella società: il dottore Luigi (Gigino) Sangregorio. Anche se non è più fra noi da diverso tempo, lo ricordo sempre con grande affetto e rispetto. Credo che il dottore Sangregorio rimane l’emblema di quella squadra e di quella società. Personaggio fine, colto, mai sopra le righe è stato uno dei più grandi conoscitori di calcio della città di Corigliano. Queste sono le mie sensazioni, questa è la pelle d’oca che ha provato in me il volume di Giovanni Scorzafave, al quale va un sincero ringraziamento per avere restituito a tutta la città momenti di autentica emozione, perché la Polisportiva Corigliano prima che un fenomeno calcistico fu un fenomeno di grande solidarietà sociale. Ora il football consuma tutto celermente, una sorta di turbinio indefesso. Nella canzone “I muscoli del capitano” De Gregori cantava che: Il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo. I calciatori sono immagine e l’immagine sono i giocatori. La nostalgia senza rimpianti è suadente, tocca corde che fanno suonare la musica della commozione, quella che suscita un sorriso lieve e spontaneo. Scrive Bob Dylan: “Abbi cura dei tuoi ricordi perché non puoi viverli di nuovo”.

 

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