di Giacinto De Pasquale

“Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace”. (Sant’Agostino)

Ci sono notizie che ti lasciano senza parole, che ti sconvolgono l’anima, che ti fanno affrontare la giornata senza idee, senza raziocinio, quasi ad andare avanti in maniera soporifera, poi giunge il momento della razionalità ed allora riavvolgi il nastro dei ricordi ed il dolore si fa grande, immenso. Vincenzo Gallo, a soli 64 anni, vinto dal “mostro” del secolo, ci ha lasciati. Lo so, in un certo senso, eravamo preparati a questa sua prematura dipartita, ma abbiamo sperato fino all’ultimo che questo suo ritorno alla “Casa del Padre” avvenisse il più tardi possibile. Invece, purtroppo, così non è stato. Il film dei ricordi ci consegna una persona buona, disponibile, affabile, allegra, figlio di quel geom. Giovanni Gallo, ex impiegato comunale deceduto qualche anno fa, di cui serbiamo un ricordo particolarmente caro. Vincenzo prima che la malattia non gli ha reso la quotidianità un calvario, lo incontravamo spesso in Comune dove veniva per la sua attività professionale. Nei mesi scorsi l’ultimo contatto telefonico con il quale ci chiedeva delle informazioni. Per ricordare come merita il caro Vincenzo, vorrei riportare uno scritto abbastanza intenso, profondo e significativo dello scrittore Michel Quoist, intitolato “Cammino di preghiera“, che lascio alla vostra riflessione. Caro Vincenzo amico mio riposa in pace. “Il mio amico è morto questa notte, Signore, senza più fiato, senza più vita, lottando contro il cancro, fino all’ultimo istante, con la sua famiglia e i suoi amici medici. Non ti dico, Signore: «Poiché l’hai voluto, sia fatta la tua volontà», ancor meno: «la tua santa volontà». Ma ti dico, sottovoce… Sottovoce perché molti, ahimè, vicino a me non capirebbero mai. Ti dico, Signore: «Il mio amico è morto… E non potevi farci nulla. Nulla di quanto pazzamente io sognassi. Nulla di quanto pazzamente io sperassi». E piango straziato, mutilato. Ma il mio cuore è in pace, perché questa mattina ho capito un po’ meglio che Tu piangevi con me. Sì, Signore, ho capito… Grazie a Te, grazie al mio amico, ma ti prego aiutami a crederlo che Tu non vuoi la morte, ma la vita, e che più di tutti noi, perché ci ami di più, soffri nel vedere morire anzi tempo molti tuoi figli. Ho capito che, salvo rare eccezioni, ed è qui il tuo mistero, nella lotta contro le malattie, per rispetto, per amore mai volevi prendere il nostro posto, ma ci offrivi sempre di soffrire e di lottare con noi. Ho capito… Perché il mio amico, o Signore, non ha preteso un miracolo ma ha chiesto per i suoi amici medici la capacità di ricercare e lottare fino alla fine. Ha implorato per sé il coraggio di soffrire, di accettare i due interventi, le cure e tutti gli esperimenti perché altri dopo di lui potessero soffrire meno, e un giorno anche guarire. Per i suoi cari non ha chiesto la grazia della rassegnazione, ma quella di difendere la vita, di rispettarla, di svilupparla e fino alla fine, cullato dalla musica che amava, per tutti ha chiesto… la gioia di vivere.  Il mio amico, o Signore, non ha offerto la propria sofferenza, perché la sofferenza – diceva – è un male e Dio non ama la sofferenza. Ha offerto, invece, la sua lunga e dolorosa battaglia contro la sofferenza. Miracolosa energia questa forza che da lui si irradiava, grazie a te, Signore, questo supplemento di amore e di fede necessari per non disperarsi ma credere che questa vita, per opera Tua, risuscita oltre la morte! Alla fine, o Signore, il mio amico non ha offerto la sua sofferenza, ma come Te, con Te – o Gesù mio Salvatore! – ha offerto la sua vita, perché noi, noi vivessimo.  Il mio amico è morto questa notte, Signore, e io piango, ma il mio cuore è in pace, perché il mio amico è morto questa notte, ma con Te mi ha dato la vita.”

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