di Cristian Fiorentino

Nei festeggiamenti in onore del Santo Patrono Francesco di Paola, presso il santuario di Corigliano, la Solenne Messa del 25 aprile offre sempre tradizionali momenti di riflessione.

Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, della diocesi di Rossano-Cariati, Monsignor Maurizio Aloise e concelebrata alla presenza del Padre Provinciale Francesco Maria Trebisonda e del clero vicariale nonché animata in maniera impeccabile dalla corale polifonica di S. Francesco. Funzione preceduta dal “Matinè” intonato dall’ass. bandistica “Antonio De Bartolo” che da piazza del Popolo ha raggiunto il sagrato della chiesa. Onori di casa spettati al Padre Superiore Giovanni Cozzolino che ha rimarcato il forte e inscindibile legame tra S. Francesco e Corigliano testimoniato dalla massiccia presenza di fedeli in tutte le tappe delle processioni che hanno toccato l’intero territorio per quattro giorni. Padre Cozzolino ha ringraziato innanzitutto il Vescovo, tutti i confratelli e sacerdoti presenti, il Terz’Ordine dei Minimi, le autorità civili e militari, il comitato pro-festa, i portatori della statua e tutte le anime che hanno permesso la riuscita dei festeggiamenti. «Dopo gli anni della pandemia- ha sottolineato Padre Cozzolino- noto che c’è un ritorno a Dio, a Gesù con l’auspicio che sia un ritorno vero e che si badi alla concretezza. I momenti vissuti sono stati tutti belli e speciali, come la visita alla casa di cura per anziani, i tanti bambini o l’atto dell’affidamento delle forze dell’ordine. Ancora oggi è tangibile il transito di Francesco di Paola come portatore di Pace, Grazia e Santità nonché come riformatore della chiesa e tutto ciò che per cui ha operato». Subito dopo vi è stata la lettura della preghiera e l’accensione della “Lampada Votiva” da parte del sindaco mentre la consegna delle chiavi al “Santo Primo Cittadino”, a differenza degli altri anni, è avvenuta nel pomeriggio nel palazzo di città a piazza del “Popolo”. 

Tornando alla funzione, peculiare e diretta come sempre l’omelia di Monsignor Aloise: «S. Francesco è il "Rappresentante Bello e Luminoso" della nostra terra e quest’anno per grazie di Dio siamo tutti riuniti in questa città per la festa del Santo Patrono. Attraverso la Pasqua Gesù ha trasformato il deserto della morte in una opportunità di rinascita per una vita nuova senza fine donandoci la dignità di figli di Dio. Oggi vorrei lasciarvi una sola idea su S. Francesco ossia una delle caratteristiche che lo ha accompagnato ossia l’immagine dell’eremo o del romitorio. Luoghi ancora visibili intesi come spazi di riflessione, di preghiera, di contemplazione di incontro con Dio, di rifugio dopo l’attività apostolica. Quando a Corigliano gli venne offerta una stanza a palazzo Lui non vi dimorò ma preferì una piccola valle appartata per pregare e meditare conducendo la vita eremitica che gli era più congeniale. Qui dove siamo oggi poi costruì la sua quarta casa e la chiesa dedicata alla Santissima Trinità. Francesco alloggiò per due anni in una capanna dormendo sulla nuda terra e poggiando il capo su una pietra che ancora si conserva. Il rifugiarsi nella grotta è stata un’esperienza costante in tutta la sua vita religiosa. Nei vari conventi che visitava e in cui viveva il romitorio era per Lui uno strumento indispensabile per mantenere un equilibrio personale di una vita attiva e contemplativa per poter coniugare bene preghiera e azione, primato di Dio e servizio ai fratelli armonizzando in maniera feconda la Fede e la Carità. Diffidate sempre da espressioni di fede esagerate se non corrispondono ad una Carità concreta altrimenti si rischia di offendere Dio e i Santi. S. Francesco si è fatto stampare sul petto la sua amata Carità. Nella grotta Francesco sapeva che avrebbe sempre ritrovato il Cristo povero ed umile a cui si è conformato nel corso di tutta la sua vita. Francesco recandosi nel romitorio attingeva forza e ristoro perché nel silenzio e nel raccoglimento incontrava Gesù e imparava l’umiltà del cuore e vivere dell’essenziale per mantenere sempre viva e fedele la sua vocazione di eremita orante, di operatore di pace, di comunione e di carità come sollecito per soccorrere i fratelli nelle loro necessità. Farsi piccoli e Minimi per poter così accogliere l’Amore di Dio e a propria volta donare compassione ai fratelli. Questa la missione della famiglia dei Minimi e di ogni Cristiano che si sente ispirato dalla figura di Francesco di Paola che ha voluto e chiamato i suoi figli Minimi perché da ultimi siamo di testimonianza e di servizio alla Chiesa per la costruzione del regno di Dio. Una felice intuizione che passa attraverso la conversione evangelica sintetizzata dalla proposta spirituale dell’ordine dei Minimi perché attraverso i voti i frati vivono la pienezza della loro consacrazione imitando Cristo sulla strada della penitenza. S. Francesco li esorta a fare frutti degni di penitenza sotto i voti di povertà, castità, penitenza, obbedienza e vita quaresimale. La profezia di una umanità nuova che ha permesso a Francesco di avere tanta popolarità perché facendosi piccoli vuol dire affidarsi e credere in Dio invece di emergere e imporsi sugli altri praticando la misericordia essendo miti e impegnandosi per la giustizia e la pace ed evitare ingiustizie, disuguaglianze e divisioni. La Santità è accogliere e mettere in pratica con l’aiuto di Dio questa profezia che rivoluziona il mondo. Cosa resta alla nostra vita dopo aver celebrato la festa del Santo Patrono? Esprimiamo lo spirito profetico di San Francesco che ho ricevuto nel giorno del mio Battesimo portando la novità di Gesù e rispondendo al mandato che ho ricevuto o ci adeguiamo alla mondanità e alla pigrizia? Mandato missionario che corrisponde al giorno del giudizio dove ci sarà chiesto conto del nostro operato e se avremo incarnato il Vangelo. Dio fin dai tempi che scelse Israele ha scelto un popolo, piccolo, fragile, sbandato innamorandosi di quello che siamo. Anche con l’invio e la visita di San Francesco di Paola, grazie alla sua presenza e alla sua dimora, il Signore ci ha guardato e custoditi per celebrare una protezione particolare che abbiamo sperimentato. Ci ha scelto per la nostra piccolezza e si rileva ai minimi. Solo abbassandosi e facendosi minimi si può capire il mistero di Gesù perché è Lui che ci sceglie e ci chiama. Quando si è troppo pieni di sé stessi e c’è troppo io non c’è spazio per Dio. Francesco dona la salute dello Spirito. Come ha ricordato Papa Francesco, il Signore chiede tutto perché offre la vera Vita fatta di felicità per cui siamo stati creati perché ci vuole Santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un'esistenza mediocre, annacquata e inconsistente. S. Francesco è stato radicato nella sua realtà storica e oggi si ripropone come nostro contemporaneo perché trova nella libertà e nella solitudine interiore la capacità di essere Uomo di compagnia e comunione e di riconciliarsi e di riconciliare, di dire la verità con coraggio, di farsi carico dei bisogni comuni, di difendere la giustizia disarmando la parola scegliendo la strada di essere Minimo tra i fratelli. Il terremoto del 24 aprile 1836 non devastò Corigliano e per questo la comunità religiosa e civile festeggia e fiduciosi per averne aiuto e protezione e a Lui rivolgiamo ancora una volta la nostra preghiera: S. Francesco Luce della Calabria, intercede per noi, per questa bella regione, per la nostra città e concedici un cuore da Minimi, un cuore umile e obbediente che trova posto nel cuore di Gesù Cristo. E in comunione con voi- ha concluso Monsignor Aloise- voglio rivolgere a S. Francesco nostro Santo Glorioso, come recita lo storico canto, la supplica di pregare per noi perché come Lui possiamo da minimi seguire il Signore Gesù». A margine della Solenne Messa l’Arcivescovo ha impartito la benedizione con la “Sacra Canna” con cui per intercessione di San Francesco furono respinti gli assalti dei turchi al convento coriglianese nel 1538.    

Crediti