Domenica 4 marzo gli italiani sono chiamati a rinnovare il Parlamento (in più, gli elettori di Lazio e Lombardia dovranno rinnovare presidente e Consiglio regionale) e, il Rosatellum, la nuova legge elettorale, impone un’attenzione in più.

La scheda elettorale presenta l’assoluta novità di un «tagliando antifrode», per rafforzare la regolarità del voto ed evitare tentativi di manipolazioni o, peggio, condizionamenti del voto da parte esterna. Proprio su questo terreno nei giorni scorsi a più riprese il ministro Minniti ha ricordato che le mafie «votano e fanno votare». L’obiettivo è quindi disinnescare uno dei brogli elettorali più utilizzati, soprattutto dalla criminalità organizzata: consegnare all’elettore una scheda regolarmente timbrata e già votata che dovrà essere inserita nell’urna al posto di quella regolare da restituire intonsa all’esterno. A questo punto il gioco (sporco) ricomincia. Come funziona?  Il bollino ha il compito di rendere la scheda consegnata dal presidente al signor Mario Rossi unica e identificabile, ovviamente senza rendere in alcun modo riconoscibile il voto espresso dal medesimo signor Rossi. Il giorno prima del voto nei seggi gli scrutatori, armatisi di pazienza, attaccano nell’apposito spazio bianco sul fronte di tutte le schede un bollino adesivo con un codice alfa-numerico seriale. Quando l’elettore riceve la scheda, il codice viene annotato sulla lista della sezione. All’uscita dalla cabina elettorale, la scheda va consegnata al presidente del seggio che provvede a piegare e strappare con cura il lembo tratteggiato dove è contenuto il bollino. La scheda torna così anonima, ma si ha la certezza che è quella effettivamente consegnata all’elettore. Controindicazioni? Almeno due. Operazioni elettroniche più lunghe, soprattutto nel caso in cui la linea tratteggiata per strappare il lembo della scheda con il codice dovesse risultare poco evidente, con il rischio code. E il panico nel seggio se un elettore dovesse inserire nell’urna la scheda con il bollino ancora attaccato. 

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