Nei primi anni 70, allora quarantenne, colsi l’occasione di andare a visitare, in Slovenia, le favolose GROTTE DI POSTUMIA, meraviglioso patrimonio con cui la natura ha beneficato l’umanità.

Scapolo impenitente, qual ero, allora non mi  lasciavo sfuggire mai alcuna occasione di piacevole approccio col gentil sesso. In attesa del trenino che ci avrebbe portato nel fantasmagorico paesaggio di stalattiti e stalagmiti, notai una bellissima ragazza alta, bionda, occhi verdi e portamento signorile. Indovinate su quale panchina di quel trenino andai a a sedermi ? Ecco, sì, bravi, avete indovinato, proprio accanto a Fabienne. Così si chiamava quella ragazza con la quale, grazie alla mia conoscenza della lingua francese, ebbi modo di intrecciare un dialogo. Era belga ed era in villeggiatura a Lignano. Insieme con un gruppo di turisti era venuta a visitare le grotte e l’indomani, terminata la vacanza, sarebbe tornata in Belgio. Quest’ultima notizia fu per me una doccia fredda in quanto demoliva tutti i piani che stavo architettando per dar corso ed una possibile avventura da vivere insieme. Lungo il percorso in trenino non andai oltre a qualche stretta  alle mani con la scusa di infonderle coraggio e alleviare le sue emozioni tra gli  orridi di quelle grotte che oltre a suscitare meravigliose esclamazioni di gioia  non mancano di incutere anche momenti di paura. Ma non finì lì, quella storia. Mi feci dare il suo indirizzo e numero di telefono, promettendole che sarei andato a trovarla in Agosto. E fui di parola. Quando, in macchina, giunsi a  COURTRAI, la sua città che, essendo in zona fiamminga, è chiamata anche  KORTRIJK, a casa sua c’era solo il fratello, molto emozionato, al quale dissi che ero Ernesto, amico di Fabienne e che andavo a cercare un albergo e le avrei telefonato. Fabienne era uscita con la madre e, al ritorno, appresa la notizia, era raggiante ma molto di più lo era la mamma che fece una serie di domande al ragazzo : “com’è, a chi rassomiglia?” e lui, non fu più di tanto esauriente, limitandosi a dire: “rassomiglia ad un italiano”. Al telefono Fabienne mi disse che ero capitato al momento giusto, per il fatto che l’indomani festeggiava la ricorrenza del suo 24º compleanno, E la sera, a cena, fui l’ospite d’onore, con tutti i parenti di “molto riguardo”, noti commercianti all’ingrosso, di tessuti, che sono la specialità di KORTRIJK. Al momento della torta fu incaricato della distribuzione delle porzioni lo zio di “molto riguardo” che, come prima cosa, trasse la Rosa di pasta di zucchero che campeggiava al centro della torta e, ad alta voce, chiese: “A qui la Rose de Fabienne ?“ Si levò un coro unanime : “A ERNESTÒ “ Io ringraziai per l’onore e lestamente mangiai quella rosa. Le risate ed i commenti salaci degli astanti non sembravano aver fine, esclamando, gioiosamente, tutti in coro : “ERNESTÒ A MANGÈ LA ROSE DE FABIENNE”. Rimasi frastornato fino a quando Fabienne, sussurrandomi all’orecchio, mi spiegò che in Belgio, come del resto in tutto il Nord Europa, si usa dare alla rosa un significato argutamente sessuale, quando si riferisce alle doti di una giovane fanciulla. Ma tutto è bene quel che finisce bene e senza ... danni. Il giorno dopo ebbi modo, visitando la città, di constatare il truce conflitto tra le due etnie che sono costrette a convivere in Belgio, quella vallona, francofona, e quella fiamminga, flamand. A confronto, i dispetti tra polentoni e terroni, in Italia, sono carezze. Nella piazza centrale di COURTRAI, al primo piano di un palazzo storico, fa bella mostra una lucente vetrina con la scritta RESTAURANT FRANCAIS. Mi diceva Fabienne che quella vetrina, mediamente ogni sei mesi, veniva frantumata e, pervicacemente, la proprietaria, che era una zia di Fabienne, provvedeva a sostituirla. Finalmente proposi a Fabienne di fare insieme un viaggetto in Francia,e lei, col parere favorevole della mamma, acconsentì. Prima di partire la mamma mi raccomandò di aver cura di Fabienne, se non altro per la maggiore etá che vantavo : “Tu as trente ans, n’est pas? Prends soin de Fabienne.” Ed io annuii, senza parole, come accettazione del ruolo cui mi delegava “maman”. La meta della prima tappa fu Saint Malo, adagiata nell’incantevole baia che si affaccia sulla Manica. In Albergo, alla consegna dei passaporti, Fabienne ebbe modo di constatare che di anni ne avevo ben 40 e non 30. La cosa la fece un po’ indispettire, ma non per l’età che lei non contestava, anzi le stava benissimo, ma perchè avevo fatto credere alla madre che ero appena trentenne. Non si capacitava di quella bugia sulla vera mia età che nessuno mi avrebbe rinfacciato, tantomeno la mamma. Cercai di scusarmi adducendo la mia scarsa conoscenza della lingua francese e lei, di rimando, asserì che la parlavo in modo eccellente. Per fortuna, la notte che, come si sa, “porta consiglio”, non manca di portare anche altri benefici favoriti dai rapporti ... più riavvicinati. E poi non mancammo di pernottare a Chartres dove avemmo modo di poter apprezzare i particolari della bellissima cattedrale con i vetri policromi alle finestre che ne caratterizzano l’unicità architettonica e, infine, Parigi. E ovviamente la Tour Eiffel, e Place Pigalle con i cabarets, e l’immancabile MOULIN ROUGE, al quale, la prima sera, mi fu impedito l’accesso perchè non avevo la...cravatta. Rimediai la sera successiva, assistendo ad un bellissimo spettacolo di varietà, sorseggiando lo champagne che il cameriere ci versava dalla bottiglia il cui prezzo era incluso nel biglietto d’ingresso. E che dire di NÔTRE DAME, e della RIVE GAUCHE. E poteva mancare la “promenade” al BOULEVRD SAINT GERMAIN, cuore del quartiere latino, meta costante di tutto ciò che è cultura e anticonformismo.

Passeggiavamo sullo storico Boulevard tenendoci per mano. Fabienne indossava la minigonna, come usavano, in quegli anni, tutte le ragazze, specialmente quelle che avevano belle gambe da mettere in mostra. I bar del viale, con i tavolinetti disposti sul marciapiedi, erano gremiti di clienti che si godevano lo spettacolo della vivacità che caratterizzava appunto la vita del viale. E, per un motivo o per l’altro, non mancava mai l’occasione di uno spettacolo spontaneo. E lo spettacolo, anche allora, ci fu, e ne fummo protagonisti, involontari, proprio io e Fabienne. Incrociammo una specie di barbone, visibilmente ubriaco, che sembrava apparentemente disinteressato a tutto il brulichio che animava il boulevard. Ma subito dopo averci incrociato, con una repentina mossa si voltò e allungò la mano sul sedere di Fabienne. Io fui di una tempestività che non immaginavo, e roteando sul piede destro, mi rigirai e col sinistro gli piazzai un calcio in culo, di punta, proprio tra le chiappe. Fu un miracolo se non finì per terra ma, traballando, riuscì a stare in piedi. Ci fu un’ovazione generale da parte di tutti i clienti seduti nei bar, con un fragoroso applauso di consenso che mi fece inorgoglire. E Fabienne era felice perché avevo vendicato quella specie di innocuo “affronto”. Non mancai di ringraziare quel generoso pubblico alzando, come usano fare i campioni, le mani intrecciate, e riscossi un ulteriore applauso. C’è un famoso proverbio francese che ben s’intona a tutta l’avventura: TOUT PASSE, TOUT CASSE, TOUT LASSE Tutto passa, tutto si cancella, tutto stanca. E fu appunto questo l’epilogo. A dispetto di una bellissima canzone degli anni 40, cantata in un film da alida Valli, che si ostinava ad affermare : Ma l’amore no, l’amore mio non può Disperdersi nel vento con le rose. E SI SA QUANTO CADUCHE SON LE...ROSE.

 Ernesto Scura

 

Crediti