Per il giovane di Rossano la pubblica accusa aveva richiesto l’ergastolo. Mario Manzi è stato ucciso a colpi di fucile dal figlio a Rossano nel novembre del 2017 all’interno della propria abitazione.

E’ stata ridimensionata la pena inflitta al giovane accusato di parricidio Alessandro Manzi, 27enne rossanese. Questa la decisione assunta dalla Corte di Assise di Cosenza (presidente Lucente, a latere De Vuono) che, all’esito di una lunga camera di consiglio dopo la requisitoria del Pubblico Ministero Manera e l’arringa del difensore Ettore Zagarese, ha ritenuto Manzi colpevole del delitto di parricidio aggravato dalla premeditazione. Al ragazzo sono state concesse le circostanze attenuanti generiche ed esclusa la circostanza aggravante della futilità dei motivi, la Corte lo ha condannato alla pena di anni 18 e mesi 10 di reclusione. Il Pubblico Ministero, nel corso della sua articolata requisitoria, aveva ritenuto Alessandro Manzi non meritevole della concessione del beneficio delle attenuanti generiche e ne aveva chiesto la condanna alla pena dell’ergastolo. L’avvocato Ettore Zagarese, per contro, durante la sua lunga arringa difensiva protrattasi per circa 4 ore, aveva sostenuto come il giovane fosse invece meritevole di una benevola valutazione in conseguenza sia della condotta processuale serbata sia del fatto che avesse compiuto il gesto in preda ad un forte stato di disperazione a cui il genitore lo aveva indotto con il perdurare di una condotta abusante ai danni suoi e dei familiari. Tale situazione, del resto, era stata confermata anche dai testimoni ascoltati in udienza e dal consulente di parte dell’imputato Figoli la cui relazione sullo stato psicologico era stata acquisita dalla Corte. Zagarese, all’esito del processo di primo grado, ha dichiarato: “Non posso negare di essere soddisfatto dell’esito del processo. Il mio cliente, che da subito si è costituito alle forze dell’ordine, non ha mai inteso sottrarsi alle proprie responsabilità. Egli non ha mai negato la gravità del proprio gesto ma ha chiesto che venissero considerate le ragioni che lo avevano indotto a compierlo. Debbo dire di aver trovato equilibrio e giustizia in chi ha deciso. Attendo ora il deposito delle motivazioni”.

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