Fonte: www.quicosenza.it

di Emilia Canonaco

 “Yo soy cubano”. Circola voce che, da qualche giorno a questa parte, non ci sia reparto dell’Annunziata dove (tra il serio e il faceto) i medici non ripetano come un mantra la frase “Io sono cubano”.

Pare che i più audaci, per mimetizzarsi meglio, siano addirittura disposti a scurire il colore della propria pelle. Sotterfugio di cui, in realtà, non ci sarebbe neppure bisogno considerato che (le percentuali parlano chiaro) per le strade di Cuba sarebbe più facile imbattersi in un bianco che in un nero. In cambio, si potrebbe valutare l’idea di mandare a memoria la vita e le gesta del Lider Maximo. O no? Volendo approfondire, ci chiediamo: cosa si nasconde dietro l’improvvisa abiura (ironica, s’intende) del Bel Paese e del suo Tricolore? “L’accordo che il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha stipulato con la Comercializadora de servicios medicos cubanos – spiega Eugenio Corcioni, presidente dell’Ordine dei medici di Cosenza – prevede che i camici bianchi in arrivo dall’isola caraibica dovranno prestare servizio soltanto da lunedì a venerdì, dedicando al sacrosanto riposo i sabati e le domeniche di ogni singolo mese che trascorreranno in Italia. Un’utopia per i medici nostrani, in bilico tra turni massacranti e sogni consolatori di un (improbabile) cambio di nazionalità. Se non bastasse, ai giorni segnati in rosso dal calendario italiano bisognerà aggiungere pure le feste nazionali cubane. Per intenderci: l’otto settembre (ma i primi medici arriveranno per quella data?) è la giornata dedicata a “Nuestra Senora de la caridad del cobre”. Chi organizza i turni in ospedale, se non vuole avere problemi, è invitato a tenerne conto. Aspetti organizzativi di poco conto, si dirà. Vero, i problemi (ostacoli?) quelli seri sono altri. A partire dalla conoscenza della lingua italiana. “Hablas italiano?” (lo so, manca il punto interrogativo rovesciato a inizio domanda. Ho provato più volte a digitare sulla tastiera del pc la combinazione Alt168, ma i tentativi sono andati a vuoto). Il presidente della Regione Occhiuto promette che saranno dispensati corsi d’italiano. “Questi medici rimarranno due anni, giusto il tempo d’imparare la nostra lingua e intanto verranno impiegati nell’emergenza, dove il ritardo diagnostico fa la differenza. Non capire cosa ti dice il paziente – batte i pugni sul tavolo Corcioni – può trasformarsi in una condanna a morte”. Santo cielo! Non creiamo allarmismi. Il presidente Occhiuto ha valutato, si è confrontato, ha siglato l’intesa dopo una trattativa andata avanti per mesi. Ha, per intenderci, le spalle coperte. “Tutto merito di un Parlamento non all’altezza che ha approvato un emendamento che consente la NON VERIFICA DEI TITOLI”. Grida, per farsi capire meglio, il presidente dei medici cosentini. Grida e lo ripete una seconda volta: “LA NON VERIFICA DEI TITOLI”. Forse, preoccuparsi così tanto non serve. Il web, in fondo, è pieno zeppo di articoli che definiscono i camici bianchi cubani tra i migliori al mondo. “Non metto in discussione la loro capacità di fare il medico. Mi spaventa il fatto che un paziente dica come si sente e di fronte si trovi qualcuno che non è in grado di capirlo. Non è un caso che in ospedale si entri per concorso e tra le prove da superare ci sia la scrittura di una ricetta, in italiano ovviamente”. Caro dottor Corcioni, così esagera però. Il presidente Occhiuto ha garantito che i medici cubani saranno comunque affiancati da personale sanitario locale. “Idiozie. Non è possibile alcun tutoraggio. I nostri medici o fanno il loro lavoro oppure se ne stanno a fare da tutor ai cubani. Se tu prevedi di affiancarli, mi dici cos’hai risolto? E comunque il medico per l’affiancamento non c’è. Per non parlare del 118”. Che c’entra adesso il 118? “L’emergenza si articola in un braccio ospedaliero che è il Pronto soccorso e in un braccio territoriale che è appunto il 118 dove, ormai, il rapporto medico-paziente è di uno a uno. Se lo immagina lei un medico cubano da solo in un’ambulanza che va a casa delle persone? Io no”. Però mi scusi, lei dimostra di avere la memoria corta. Durante la fase più acuta della pandemia, l’Italia ha accolto medici russi e cubani. Senza che nessuno si lamentasse. E il presidente dei medici cosentini, che (naturalmente) non è uno da memoria corta, non si fa certo trovare impreparato alla domanda: “Guardi, ho appena parlato al telefono con un mio collega che lavora all’ospedale di Cremona. I cubani li avevano messi a fare Triage nelle tende, compito che da noi è affidato agl’infermieri. Mi creda, mi hanno riferito che è stato un disastro. Non pago, ho chiamato un altro amico medico dell’ospedale di Bergamo, dove invece a prestare servizio sono stati i russi. Dal momento che avevano dimostrato di conoscere i macchinari, si è pensato di impiegarli in Rianimazione. Ma, ogni volta che dovevano interfacciarsi con i pazienti, non riuscivano a farsi capire. In entrambi i casi, quando per russi e cubani è arrivato il momento di tornarsene a casa, sia a Bergamo che a Cremona i miei colleghi hanno tirato un sospiro di sollievo perché, come diciamo noi a Cosenza, si sono tolti un bell’impiccio”. Provi, allora, a dialogare con il presidente Occhiuto. Sa, ha più volte fatto sapere di essere aperto al confronto, anche su questa storia dei medici cubani, che tante polemiche sta suscitando. “Al presidente Occhiuto vorrei dire prima di tutto, e nel caso in cui non ne fosse già al corrente, che all’Ordine provinciale di Cosenza risultano al momento iscritti cinquecento medici, tra cui diversi primari, che però lavorano in altre regioni. Perché, caro governatore, non li andiamo a cercare uno a uno e non li convinciamo, con argomenti validi e concreti, a mettersi a disposizione degli ospedali calabresi?”. Gli altri di medici, quelli che invece, nonostante tutto, hanno deciso di non abbandonare questa terra, come hanno reagito all’imminente arrivo dei colleghi cubani? “Quando – ammette Eugenio Corcioni – com’è successo a una collega del Pronto soccorso di Reggio Calabria, ti fai quattro turni consecutivi, ti va bene tutto, anche se ti dicono che a sostituirti in reparto sarà uno che è laureato in Ingegneria. Almeno avrai la possibilità di tornartene a casa, farti una doccia e metterti a letto”. La lunga chiacchierata con Eugenio Corcioni volge al termine. Il presidente dei medici cosentini può finalmente rispondere al telefono. Quando riattacca confida: “Chiamavano da Milano, erano di Radio Popolare. Vogliono intervistarmi per questa faccenda dei medici cubani che arriveranno in soccorso dei colleghi calabresi. E’ la rivincita dei comunisti”, scherza Corcioni. Intanto, in un non precisato e sgangherato corridoio dell’Annunziata un medico cosentino intona il suo mantra: “Yo soy cubano, yo soy cubano”.

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