di Salvatore Martino

Bisogna ammettere che la tecnologia, grazie all’uso delle nuove strumentazioni, se da un lato ha liberato l’uomo da tanti problemi, dall’altro lo ha imprigionato all’interno di un sistema i cui esiti non richiedono l’ausilio di altri apporti.

Questa situazione ha modificato il suo modo di pensare e il suo atteggiamento nei confronti della vita, lo ha spinto a dimenticare di esserne il protagonista e ad accettare passivamente, in maniera inevitabile, tutto quel che accade. Nessuna reazione, nessuna protesta, nessuna indignazione per i soprusi che vengono perpetrati ogni giorno a danno del buon senso della giustizia e del vivere civile, e tutto viene subìto come una calamità, come una sorta di iattura. E se tornassimo a ridare fiducia alla speranza, interpretandola come chiave di lettura della storia ed acceleratrice di cambiamento? Forse, ritornerebbe l’impegno e il coraggio di affrontare la vita, e i problemi non farebbero più così tanta paura. Forse si tornerebbe a lottare contro le ingiustizie, le prevaricazioni, ad impegnarsi non solo per sé ma anche per gli ultimi, a cercare di diventare migliori e cambiare questa società che, negli ultimi tempi sta perdendo i connotati della civiltà, e che, comunque, in queste condizioni, non è in grado di approdare da nessuna parte.  Ormai, mancano pochi giorni al Natale, l’evento salvifico che ha cambiato il destino di ogni uomo e dell’intera umanità. È una occasione imperdibile per tentare di debellare l’individualismo imperante ed aggressivo che sta lacerando e corrodendo il tessuto sociale, e imprimere una svolta a questo clima di assuefazione e di chiusura nei confronti del prossimo. L’incarnazione di Dio nella storia degli uomini dimostra che essa è ad una svolta, ed ha bisogno di una risposta decisa da parte dell’uomo per trasformarsi in salvezza. Tocca all’uomo accogliere ed inserire nella propria vita il mistero di questo Evento per farlo diventare motivo di rinascita interiore e riaccendere dentro ciascuno di noi la fiammella della speranza. Se riprendessimo a guardarci negli occhi senza pregiudizi e cominciassimo a ricompattarci e a collaborare tra di noi come figli dello stesso Dio, invece di farci la guerra, a credere nella possibilità di risolvere, insieme, i problemi e a non esserne schiacciati, forse riusciremmo a spostare i limiti del nostro agire un po’ più in là, e ad intravedere quella luce che è capace di illuminare tutto ciò che oggi sembra perso o nascosto nei meandri dell’egoismo e della cattiveria. 
Varrebbe la pena tentare!

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