Il caso della seduta di laurea sospesa all’Università della Calabria per i dubbi dei docenti sull’originalità di una tesi tiene banco tra i cubi di Arcavacata (e non solo).

L’elaborato dal titolo “Il reato di diffamazione e i nuovi mezzi di comunicazione: profili legislativi ed evoluzione giurisprudenziale” non convince il presidente della commissione che valuta i laureandi. Il professore Enrico Caterini, ordinario di diritto privato, non ci pensa due volte: blocca tutto e chiama i carabinieri. L’altra opzione sarebbe potuta essere quella di non ammettere la candidata alla seduta, visto che la sua relatrice – la docente di diritto penale Mariastella Amisano – era assente. Nell’ultimo verbale di consiglio del corso di studi dello scorso 11 aprile è stato infatti stabilito come la presenza del relatore sia obbligatoria, ma per la prima tornata di studenti si è preferito ricorrere – nel caso della “tesi copiata” – all’intervento delle forze dell’ordine che oltre ai controlli di rito hanno provveduto a mantenere l’ordine pubblico viste le due ore di ritardo con cui la sessione è iniziata. E potrebbe essere il primo caso in Italia di seduta di laurea sospesa per un possibile plagio. Succede all’Unical nel dipartimento di Scienze aziendali e giuridiche. I carabinieri accerteranno, al termine dell’intervento ed utilizzando uno specifico software, come il 96% dell’elaborato fosse non autentico. E dopo aver stazionato un po’ nei pressi dell’aula Sorrentino, dove gli studenti vengono proclamato dottori, hanno fatto ritorno in caserma. È ancora da chiarire quale sarà la posizione della ragazza e soprattutto quali saranno le sorti accademiche della sua relatrice. Non è la prima volta che Mariastella Amisano, docente di diritto penale, balza agli oneri della cronaca. Tre anni fa circa fu sospesa un decreto del rettore al termine di una riunione del Cda, a seguito delle lamentele di alcuni studenti che ne avevano denunciato l’assenza nel corso del periodo didattico. All’allieva del penalista Marcello Gallo venivano contestate «presunte violazioni dei doveri d’ufficio connessi allo svolgimento, in maniera continuativa, degli impegni didattici». Tradotto: gli assistenti facevano le lezioni, il ricevimento e gli esami al suo posto. E questo succedeva anche con i tesisti da seguire. Nel verbale di sospensione, tre anni fa, tutto ruotava intorno alle assenze della titolare della cattedra di diritto penale non solo di quelle che sono le attività di studio ma anche di tutto quello che riguarda la vita del dipartimento.  La “negligenza” della docente non è ben vista dal corpo docente. Probabilmente l’episodio potrebbe essere l’ultimo dardo infuocato scoccato nei suoi confronti. Prima gli studenti, adesso i colleghi. E all’interno dell’ateneo ci si interroga sull’inevitabilità di un intervento necessario ma plateale. Negli ambienti accademici ci si chiede, in sostanza, se non si potesse individuare il plagio prima della seduta pubblica. Enrico Caterini, il direttore di dipartimento che ha bloccato la cerimonia, oltre all’attività accademica spesso interviene nel dibattito politico locale. Nella campagna referendaria si è prodigato per la causa del “Sì”. Mentre una storia di sentenze di Tar e Consiglio di Stato accosta il suo cognome a una dinasty di universitari. In sentenza è scritto che «non possono partecipare al procedimento per la chiamata coloro i quali abbiano un grado di parentela, o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata…». Il destinatario del virgolettato – contenuto in una sentenza del Consiglio di Stato – è il fratello di Enrico, Mario Caterini. La possibilità di essere “chiamato” come prof al dipartimento di Scienze aziendali e giuridiche gli era stata preclusa in quanto nell’organico erano già presenti suo fratello (Enrico, appunto) e la consorte Giovanna Chiappetta, anche lei docente di diritto privato.

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