Pugni e calci, non solo alla moglie ma anche al figlio.

Questo è il trattamento che Marian Ignat riservava alla sua famiglia. L’incubo è finito grazie all’intervento degli uomini della polizia di stato che coordinati dal commissario Giuseppe Massaro hanno posto in stato di arresto l’uomo e messo fine alla violenza. Gli agenti hanno fermato il cittadino di origini rumene proprio mentre esercitava la violenza sul nucleo familiare. A dare l’allarme era stata la moglie.  Non era un caso isolato. La moglie di Marian Ignat, ha trovato il coraggio solo qualche giorno fa. Erano tre anni che la violenza si consumava tra le mura domestiche. Violenze e abusi avvenivano nella loro abitazione di Rossano e proprio al termine dell’operazione gli agenti di polizia hanno constatato come non fosse da escludere il comportamento dell’uomo si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di molto peggio. La brutalità e il comportamento dell’uomo non sono passati inosservato. Oltre a sua moglie anche i vicini di casa ultimamente avevano allertato il commissariato di Rossano segnalando quello che stava avvenendo nell’abitazione di Ignat. Il procuratore capo del tribunale di Castrovillari Eugenio Facciolla ha disposto l’arresto dell’uomo nella casa circondariale di Castrovillari.  Il questore della provincia di Cosenza Giancarlo Conticchio, invita le donne ed i figli che subiscono violenze di qualunque genere, non solo all’interno del nucleo familiare, a denunciare subito i maltrattamenti subiti alle forze dell’ordine, anche anonimamente e ricorda come quotidianamente gli uomini e le donne della polizia di stato sono a disposizione di tutti i cittadini con le loro attività sul territorio e nei luoghi di interesse pubblico. «Visto che a volte la paura di denunciare induce il soggetto attivo ad amplificare tutte le forme di violenza già impunemente poste in essere, da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio – dice il questore in una nota –. Anche solo una telefonata alle forze di polizia, seppur fatta in forma anonima, può interrompere “il cammino” della violenza, impedendo  che maltrattamenti si tramutino in reati ancora più gravi».

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