di Rosella Librandi Tavernise
Dal Giovedì al Sabato Santo, giorni che precedono la Pasqua, la Chiesa celebra la passione e morte di Gesù e, per rispetto al Cristo morto in croce, le campane restano mute.
Nei tempi passati, Zoti permetteva di suonare “trokzat” sul sagrato all'inizio delle funzioni religiose ma i ragazzi le usavano come giocattoli per cui, di tanto in tanto, le suonavano anche durante il giorno e il suono spezzato, acuto, quasi simile a dei gridi, prodotto da questo attrezzo di legno, rompeva il silenzio irreale che regnava in paese durante la Settimana Santa (Java e madhe). Trokza, in italiano raganella, è uno strumento antico la cui origine è incerta; probabilmente fu inventato da Archita di Taranto (428-374 a.C.) filosofo e matematico della scuola di Pitagora il quale, oltre ad avere risolto fondamentali teoremi di geometria, si dedicava alla musica e alla costruzione di giocattoli meccanici. Trokza è uno strumento semplice, costruita dai falegnami nelle loro botteghe artigiane in tipi di varia grandezza: è costituita da una ruota dentata, un manico che funge da impugnatura e un corpo centrale che amplifica il suono; la ruota, azionata dalla manovella, fa strisciare i denti contro delle lamelle di legno mobili, producendo un rumore simile al gracidio delle rane. Il suono prodotto dalla trokza è acuto, spezzato, secco, breve; talvolta le sonorità risultano sgradevoli ed inquietanti ma pur essendo uno strumento rozzo e semplice è stato inserito da grandi compositori nelle loro opere liriche; ricordiamo Strauss e Ottorino Respighi che l'ha usata nell'opera “I Pini di Roma”. Trokza è un antico strumento del folklore: nel medioevo era diffusa in molti Paesi europei e veniva suonata durante le feste popolari. Tuttora è impiegata in alcune zone del Veneto, della Bassa Padana e, nel meridione d'Italia, in Calabria, Sicilia, Sardegna, Puglia, Molise per accompagnare la processione del Venerdì Santo. Nelle varie regioni trokza è chiamata in vari modi: tòccara, tiratocca, tric-trac, trocca, trozzola, tirri-tirri, matraca, graciule, racola, ribeba, ecc…; a Corigliano Calabro era detta “zurruzurru” la piccola, e “grancascia”, la grande, molto più rumorosa. Fino al Concilio Vaticano II (1962-1965) le raganelle di grandi dimensioni (crotali) venivano posizionate nei campanili e suonate prima dell'inizio delle funzioni religiose, dal Giovedì al Sabato Santo, in sostituzione del suono delle campane che addirittura venivano legate. Quest'anno a Vaccarizzo Albanese è stata reintrodotta trokza durante lo svolgimento della Processione del Venerdì Santo. Io ricordo le Processioni di alcuni anni addietro: davanti sfilava Gesù morto nella bara, un po' indietro lo seguiva la Madre Addolorata; li accompagnava la banda musicale che suonava una struggente marcia funebre e il corteo di persone in abiti scuri, in perfetto silenzio, concentrate nella preghiera e nel ricordo dei propri cari morti: infatti a questa processione partecipavano le persone in lutto stretto che non uscivano mai di casa, nemmeno per andare in chiesa, se non “te settenat” per la commemorazione dei defunti e alla suddetta processione. La processione si svolgeva nel tardo pomeriggio e le strade, ormai buie, erano rischiarate dai lumini ad olio esposti sui davanzali delle finestre: la solennità del momento era palpabile.