Categoria: cultura
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LA GUERRA, per quanto catastrofici possano essere i suoi effetti in termini di morti, distruzioni e devastazioni, procura anche effetti positivi a vantaggio del benessere umano. E per guerre intendo solo quelle fra Stati. ”Rivoluzioni” e ”Guerriglie”, invece, non le considero “Guerre”, poiché non coinvolgono assetti internazionali. Sono solo semplici “Regolamenti di conto” interni, privi di qualsiasi stimolo alla ricerca scientifica e tecnologica.

LA PACE, qualora non sia impreziosita da ricerca tecnologica mirata alla supremazia in campo militare, priva degli incentivi dovuti a mire di offesa o di difesa, finisce nel torpore tipico di chi, privo di stimoli, non si allena a parare i colpi di un avversario che non mancherà di insidiare, prima o poi, la sua quiete. 

E giù "violente" reazioni degli scandalizzati "pacifisti" di professione che, nella foga di reagire a tanta “sfrontatezza”, lo fanno con tanta "bellicosa" violenza da far nutrire forti dubbi sulla loro passione per il quieto vivere, a dispetto della strombazzata "pace”.

Ora, io dico: La Svizzera, la pacifica e “pacifista” Svizzera, è da secoli che non provoca e non subisce guerre, nemmeno quelle mascherate da "missioni di pace", come si usa, oggi, chiamare certe ricorrenti partecipazioni a conflitti bellici, pur essendo dotata di  un esercito  modernissimo, efficientissimo e …. armatissimo.

Spesso chiedo ai sostenitori “di mestiere” della pace di dirmi qual è stato il contributo di quel paese al progresso culturale, scientifico e tecnologico dell'umanità. Alla perplessità degli interpellati che, colti alla sprovvista, non sanno da dove cominciare, io, pietosamente, dò una mano, cominciando:

-L’OROLOGIO A CUCÙ

-IL FORMAGGIO CON I BUCHI ...

E poi mi metto, sornionamente, ad aspettare che siano loro a dover continuare nella elencazione. Quando il loro “loquace” silenzio ha superato i limiti di una ragionevole attesa, non so trattenermi da una fragorosa risata a cui, spesso, sono gli stessi interpellati ad associarsi, con palese consenso.

Ecco, gli svizzeri si sono fermati al formaggio con i buchi. Poi hanno capito che è più comodo che al progresso ci pensino unicamente i "guerrafondai". A loro basta che quei guerrafondai vadano a depositare i cospicui proventi della loro redditizia sperimentazione nelle loro banche, giovandosi, così, del duplice vantaggio: godere dei benefici civili derivanti dalle guerre e riempire i loro forzieri. E non basta. 

Quando decidono di voler dare una parvenza di contributo "militare" alla difesa della pace e della sicurezza di quel pacifista per eccellenza che è il Papa, non ti vanno a creare un "corpo"di soldati, armati di ... "alabarde" e così folcloristicamente abbigliati che, nella loro ridicolaggine, non possono fare altro che incoraggiare persino il più fesso dei terroristi a dover fare... qualcosa di cattivo al Papa.

L'Italia, invece, la pur pacifista Italia, che il concetto di pace l'ha infilato, addirittura, nella Costituzione, orgogliosamente definita “La più bella del mondo”, non si è sottratta a nessuna "missione di pace", causando morti e subendo morti sempre in nome della “pace" nel rispetto del pietoso viatico "REQUIESCANT IN PACE".

E che dire dell’appena insediato presidente degli USA BARACK OBAMA, frettolosamente insignito del premio NOBEL PER LA PACE assai prima che qualcosa, per la"Pace", avesse ancora fatto?

E fu così che, per non venir meno all'impegno assunto, ci si mise di buzzo buono e, qualcosa, in tema di Pace, la fece: almeno "TRE GUERRE"che, oltre ad aver causato migliaia di morti, specialmente tra i civili, destabilizzarono ulteriormente, lo scenario mediorientale e tutto il Nordafrica. La guerra coi droni portata avanti durante il suo mandato mieté nel continente africano centinaia di morti.

E non parliamo del conferimento del premio Nobel per la pace a quel terrorista che si chiamava YASSER ARAFAT che, in tutta la sua vita, non fece altro che attizzare odio contro Israele, procurando morte, strage e...pace, ma quella “eterna”. E non mi dite che l’Italia non abbia partecipato al “banchetto” dell’Accademia di Stoccolma.

ERNESTO TEODORO MONETA è l’unico italiano insignito del premio Nobel per la pace, nel 1907.  Vogliamo farci due risate? Leggiamo il suo curriculum costellato di meriti di guerra da far invidia ai peggiori guerrafondai della storia. Fervente patriota, partecipò agli eventi bellici del Risorgimento, dal 1848 al 1849 e, poi, alle guerre d’indipendenza e unificazione dell'Italia. Fu volontario nel 1859 nei Cacciatori delle Alpi e seguì Garibaldi nell'impresa dei MILLE. Espresse il suo favore per l'intervento italiano in Libia nel 1912 e per l'entrata in guerra dell'Italia nel 1915, nella 1ª Guerra Mondiale.

Più pacifista di così si muore … dalle risate.

Visto che parliamo di PREMIO NOBEL e, precisamente, di quello PER LA PACE (il più venerato da tutti i pacifisti), perché non chiariamo come nasce l’impulso al rimorso di ALFRED NOBEL per la sua devastante invenzione, tanto da indurlo, per farsi perdonare, ad istituire, in seno alla sua Fondazione, il più prestigioso dei premi: 

IL PREMIO NOBEL PER LA PACE?

Il premio Nobel dispone di ricchi fondi generosamente messi a disposizione dal dovizioso lascito dovuto al brevetto della DINAMITE che Nobel, chimico e ricercatore, inventò come esplosivo tra i più micidiali che l’umanità abbia mai conosciuto, ad eccezione della bomba atomica. È pur vero che i vantaggi (come gli scavi in miniera ed in galleria), una volta applicati all’uso pacifico, furono enormi, confermando gli effetti positivi della ricerca se stimolata da ricerca bellica. Resta che l’invenzione della dinamite, STRUMENTO DI DISTRUZIONE BELLICA, paradossalmente e ipocritamente, FINANZIA LA…PACE.

Come si può vedere, dunque, la pace, la strombazzata pace, ed i suoi sostenitori, hanno avuto molte occasioni per coprirsi di ridicolo nel loro millenario corso storico.

La Guerra, essendo una cosa molto più “seria”, non è mai incorsa in simili paradossi.

E chi più di ogni altro si appellava alla parola PACE, al punto da commissionare a Picasso il logo più abusato ed ipocrita di quel concetto, la famosa "colomba della pace"? GIUSEPPE STALIN, Il più feroce dittatore della storia, colui che, già nel nome che si era scelto, richiamava in modo appropriato il più esaltante significato di materiale bellico.

Stalin in russo significa ACCIAIO.

E di cosa son fatti i cannoni ?

Di ACCIAIO

Ed i carri armati?

Di ACCIAIO

E le corazzate?

DI ACCIAIO

E le inferriate della Lubianka, il famoso carcere ?

DI ACCIAIO

E come se non bastasse, sfacciatamente, ti va ad istituire quel tragicamente beffardo "PREMIO STALIN PER LA PACE" di cui, per anni, si fregiò quel “pacifista" di Pietro Nenni, fino alla tragica invasione sovietica dell’eroica UNGHERIA. Ci vollero quei morti per fargli capire (a Nenni) cos'era la tanto decantata "PAX SOVIETICA", e restituì il premio.

E se vogliamo metterci veramente a ragionare, senza le consuete stupide caramellose prevenzioni, cominciamo a giustificare ciò che, nella loro consolidata saggezza, gli antichi Romani ci hanno sempre raccomandato:

SI VIS PACEM, PARA BELLUM ! 

E l’ARA PACIS, il più fastoso monumento romano dedicato alla pace, fu costruito, a Roma, da Augusto, nel momento in cui Roma aveva il più potente esercito del mondo e le cui mire, notoriamente, non erano di lasciare il mondo in Pace, ma di portare nel mondo "LA PACE". Si, però... quella di Roma.

E non avevano, poi, tanto torto visto che, la "pax romana", imposta con la forza delle armi, in fondo, metteva fine alle cruente guerre locali che, quelle sì, causavano morti a non finire. Da cui si evince, anche se paradossalmente, che:

"LA GUERRA È GENERATRICE DI PACE".

Ma vogliamo farla una considerazione “tranchant” ? Cominciamo con i progressi in medicina e in chirurgia.

Solo uno sciocco può pensare che i successi ottenuti in  questo campo siano, tutti, frutto di "pacifica" ricerca.

Studente di ingegneria, a Trieste, mi fu assegnato, in un lavoro d’equipe, il compito, dal docente di architettura, di approfondire il problema sociale degli OSPEDALI.

Venni a conoscenza di realtà terrificanti. Fino a NAPOLEONE, gli ospedali erano "LAZZARETTI" dove si andava per... morire, magari muniti dei conforti religiosi ma, solo, per morire... “in pace". Ci volle la volontà di quel "guerrafondaio" di Napoleone, ossessionato dall'idea di salvare il più possibile la vita dei suoi soldati dell'Armée che, prima, morivano sul campo senza alcun efficace soccorso, per istituire i primi veri OSPEDALI DA CAMPO che furono il modello base delle moderne strutture ospedaliere.

Da lì prese le mosse la coscienza degli attuali ospedali, che riuscì a cancellare la triste memoria dei precedenti lazzaretti.

A Parigi, prima di Napoleone, c'era un "ospedale" che si chiamava HOTEL DIEU, che ospitava, nelle sue lugubri corsie, fino a tre malati nello stesso letto e, spesso, in una disinvolta promiscuità. Però non mancavano i “conforti”... religiosi. Quel che mancava, immancabilmente, era una vera e propria assistenza medica e chirurgica.

L'impulso dato da Napoleone fu una fondamentale rivoluzione in quanto potenziò la ricerca scientifica, nel campo medico e chirurgico, che coinvolse il comparto di una sanità moderna, con conseguente sviluppo di una razionale e funzionale edilizia ospedaliera. Se non fosse stato per quel “truce guerrafondaio" di Napoleone,  saremmo forse, ancora, ai LAZZARETTI.

Altro dato sconvolgente:

La prima guerra mondiale causò ben 10.000.000 di morti. DIECI MILIONI DI MORTI.  Una strage. 

Subito dopo, a guerra finita, scoppiò quella virulenta epidemia mondiale, la “SPAGNOLA”, a cui segui ancora un’altra strage.

La guerra provocò 10 MILIONI di morti, in cinque anni.

La pace contò 100 MILIONI di morti, in tre anni.

Voglio raccontare un'esperienza personale. Alla fine degli anni trenta e fino ai primi anni quaranta, la Piana di Sibari, dove vivo, era afflitta dalla MALARIA. E sebbene la “Bonifica”, con opere di canalizzazione, avesse provveduto a prosciugare le paludi, l’anofele, quella micidiale zanzara, trovava ancora sacche di habitat e, inoculando con la sua puntura il micidiale plasmodium della malaria, mieteva vittime, con febbri altissime, periodiche, che debilitavano e, spesso, l’esito era mortale. L’organo che più ne soffriva era la milza che cresceva a dismisura (megalosplenia).

Nell'estate del '44 fui vittima dei consueti attacchi di malaria che, come al solito, si cercava di combattere con massicce dosi di chinino che, purtroppo, nella formula fino ad allora conosciuta, era soltanto un blando, ma inefficace, palliativo. Avevo undici anni. Ero ridotto uno scheletro. Mio cugino Nino, figlio di farmacista, studente di medicina a Bari, fece amicizia con un soldato americano il quale era responsabile del deposito medicinali della 5ª Armata. Riusciva, così, a rifornire di medicinali la farmacia paterna, con i più recenti ritrovati tra cui, grande novità, la penicillina, quel “portentoso” farmaco che salvò tante vite umane e riportò il sorriso ai tanti sofferenti di blenorragia.

Quando mi vide in quelle condizioni, rimase scioccato. Scappò a casa e, rovistando tra quei medicinali americani, trovò quel che cercava. Tornò trafelato e mi somministrò, in giorni consecutivi, una minuscola pilloletta gialla. Si chiamava, allora, e si chiama, tuttora, ATEBRIN. Dopo due giorni ero sfebbrato e guarito. Miracolo? No. Tutto era dovuto all'effetto della "Guerra".

Gli americani, impegnati nella GUERRA NEL PACIFICO, subivano, nelle giungle paludose di quelle isole, più vittime per la malaria che per le pallottole giapponesi.

L'efficientismo americano non si fermò un attimo e, con massima urgenza, il Pentagono commissionò, all’industria farmaceutica privata, la ricerca di un farmaco che potesse eliminare quel grave flagello che decimava i suoi marines. La risposta fu rapidissima e l'esercito americano si dotò, per motivi squisitamente bellici, del “miracoloso” farmaco.

E, sull'onda di quella fortunata ricerca, io salvai la pelle. Non per le preghiere che mia madre rivolgeva al Signore, ma per quei dollari spesi per finalità prettamente militari.

E non finirò mai di ringraziare quella guerra che sortì il miracoloso ed imprevedibile effetto della mia sopravvivenza.

E il RADAR? Dove lo collochiamo? Dico, il RADAR, quello strumento che consente agli aerei di decollare, e volare ed atterrare, anche al buio, con nebbia fitta, col risultato di evitare collisioni e morte, quello che, appunto, mancava al TITANIC quando urtò contro il gigantesco iceberg. Ci volle lo stimolo della seconda guerra mondiale perché Winston Churchill promuovesse la ricerca che permise alla Royal Navy di dotarsi di un prezioso strumento che riusciva a individuare, al buio o con fitta nebbia, i convogli nemici. E il Radar fu determinante nel far conseguire la vittoria ma, più che altro, lasciò all'umanità l’indispensabile strumento a salvaguardia della vita umana.

Ed il COMPUTER ? Quell'immancabile supporto che ormai entra in tutte le attività della vita, dalle più sofisticate, legate alla ricerca scientifica, alle più frivole, legate allo svago ed al pettegolezzo, di chi è figlio, se non della deprecata guerra? Molti storceranno il muso: "Ora stai esagerando" E qui mi tocca ripetere, banalmente, cose già note.

Durante la seconda guerra mondiale, i servizi segreti di Sua Maestà Britannica erano disperati perché non erano in grado di decrittare i messaggi che il Quartier Generale tedesco inviava ai vari comandi, la cui conoscenza era essenzialmente utile a prevenire attacchi imprevisti.

Churchill, nella sua lungimiranza, finanziò quell'ambizioso programma mirato alla decrittazione dei messaggi, che i tedeschi affidavano all’impenetrabile sistema ENIGMA, incaricando della ricerca un gruppo di matematici, agli ordini del geniale Alan Turing, che riuscirono allo scopo mettendo a punto una strumentazione che, se pure in maniera ancora molto rudimentale, altro non era che lo studio del primo computer della Storia, che realizzava una specie di  metodologia informatica per via meccanica, non ancora elettronica. Ed era il COMPUTER. Il primo dispositivo che, a supporto di strategie militari, come arma di “intelligence”, contribuì, poi, non poco, all'esito del conflitto. Occupava una stanza intera, quel prototipo, padre di quella civiltà che sta a cavallo di due secoli.

Ma che dico, secoli? Millenni.

E le AUTOSTRADE ? Sì, dico, quell’originale sistema viario che consente di attraversare sterminati territori senza dover intralciare il traffico locale e senza esserne intralciato, col vantaggio di collegamenti snelli e veloci, dove, quando e perché fu realizzato nel modo più organico e diffuso? Ma nella Germania del guerrafondaio HITLER che già nel 1940 ne aveva realizzato ben 3.000 chilometri. Fu la prima vera rete autostradale al mondo, che serviva tutto il territorio nazionale, voluta, soprattutto, per motivi bellici, poiché, oltre a favorire rapidi spostamenti di truppe da un capo all’altro del paese, si prestava ad essere utilizzata per necessità militari, anche come aeroporti, in modo da consentire atterraggi e decolli dappertutto.

Pensate, nel 1940, Hitler disponeva di una vasta rete di autostrade, laddove Stati Uniti e Italia iniziavano ad adeguarsi a fine anni 50. La Francia dopo alcuni anni e la Gran Bretagna addirittura ancora più tardi.

Se poi cerchiamo quali erano le GRANDI POTENZE INDUSTRIALI del mondo, una volta ristabilita la pace, dopo quella cruenta guerra che aveva stimolato la ricerca scientifica per motivi bellici, non affatichiamoci ad individuarle tra gli Stati non belligeranti dell'ultimo conflitto, come Svizzera, Spagna, Brasile, Portogallo, Argentina, Messico, Turchia, India e, perché no, le pacifiche...San Marino e...Città del Vaticano. L'elenco, molto scarno, contiene, solo, ed esclusivamente, alcune delle nazioni che parteciparono attivamente alla seconda guerra mondiale, vincitrici o perdenti che fossero. Nemmeno una delle "non belligeranti". E quante erano? Appena, appena, sette. E l’Italia tra queste.

E la FIAT, che si mise anche a costruire armi? Produceva, a ritmo vertiginoso, veicoli, autocarri e blindati per il nostro Esercito in guerra. Prima dei due conflitti mondiali era soltanto una piccola modesta fabbrica di automobili. Con le ricche commesse dei conflitti accumulò esperienze e tecnologie preziose che, oltre ad irrobustirla nella competizione economica, ne fecero una delle maggiori  case produttrici di automobili del mondo.

Dovrà pur esserci un nesso tra guerra e primato industriale. O No?

E ancora. La PIAGGIO, che durante la guerra produceva piccoli motori a scoppio per l'avviamento dei motori degli aerei militari, si trovò, a fine guerra, con un forte stock di quei piccoli motori, ormai inutilizzabili e privi di mercato. Non sapendo che farsene cercò un modo per utilizzarli. Risultato? Nacque la VESPA. Lo scooter più bello, più elegante, più economico, più agile e più...copiato nel mondo. E per il basso costo ed i bassi consumi, fu la prima vera "macchina" degli italiani e, oggi, il mezzo più usato dai giovani, in Italia, e da milioni di persone nel mondo.

Dunque, persino un residuato di guerra sortisce effetti benefici. Allora, “ben vengano le guerre?”. Ma no, vi prego, non mi fraintendete: ”Ben vengano i vantaggi conseguenti  a ricerca bellica”.

E se, in tempo di pace, scambiamo la parola guerra con la più accettabile “competizione" per il primato strategico mirante alla supremazia militare, sorprendentemente, dobbiamo riconoscere che lo sforzo per primeggiare militarmente produce effetti talmente vantaggiosi, con risvolti, talmente lusinghieri, che sono il vero motore delle conquiste tecnologiche e scientifiche.

Pensate: la GARA PER LA CONQUISTA DELLO SPAZIO portò alla realizzazione di quei potentissimi vettori spaziali che sono i MISSILI.

Se tutto fosse stato ispirato da puri scopi pacifici, certo non avremmo mai inviato astronauti a passeggiare sulla brulla superficie lunare. Il movente era la strategia di predominio nello spazio, non quello di...raccogliere quattro sassi. I vantaggi che ne sono poi derivati, per scopi civili, sono incommensurabili. E non mi riferisco solo alla serie di satelliti che, orbitando intorno alla terra, ci consentono di assistere, in tempo reale, ad avvenimenti che accadono nei punti più lontani del mondo, ma specialmente al rilevamento aerofotogrammetrico della superficie terrestre, con particolari topografici nitidissimi. E pensare che, appena 70 anni fa, per assistere, che so, alla cerimonia del premio Oscar, bisognava aspettare che il film dell'evento fosse spedito, per via aerea, dagli Stati Uniti, immesso nella catena di distribuzione cinematografica e, finalmente, dopo una settimana, nelle sale dei centri più importanti, vedevi il viso sorridente, dei premiati, o quello crucciato, dei delusi. Nasceva così “il bello della diretta”.

E non dimentichiamo che il tutto prese avvio dagli studi e dagli straordinari esperimenti di WERNHER VON BRAUN, destinati a fornire ai tedeschi le V1 e V2, due terribili armi da guerra, e non pacifici frullatori per le massaie. Per capire meglio l’uomo di cui stiamo parlando occorre riportare cosa ebbe a dire, nel 1969, poco prima che il suo APOLLO 11 portasse un uomo sulla luna, in un’intervista, ad Oriana Fallaci:  “Secondo me questi razzi che possono essere armi tremende di distruzione sono in realtà i più grandi guardiani della pace. È ben vero che le più grandi scoperte tecnologiche sono state provocate dalle guerre, pensi alla fisica nucleare, alla medicina, all’aviazione, alla radionavigazione. In tempo di guerra infatti si esige l’impossibile dagli scienziati e dalle industrie : ma è anche vero che i voli spaziali sostituiscono perfettamente lo stimolo che di solito viene dalle guerre”.

Ma le conseguenze più tangibili di quella rivoluzione nel campo dei voli aerei fu lo sviluppo dei MOTORI A REAZIONE che consentì all'aviazione civile di liberarsi di quei trabiccoli che erano gli aerei ad elica, per i più affidabili, sicuri e veloci TURBOJET che sorvolano l'Atlantico in tempi mirabilmente ristretti, specie se raffrontati alle lunghe e tediose traversate con le lente ed insicure “bagnarole” che erano i transatlantici di un tempo (si ricordi il Titanic). E così dai caccia progettati per abbattere gli aerei nemici vennero tratte le informazioni per realizzare il Boeing 707.

Ed oggi, le stelle, stanno a guardare? Ma no. Sono soltanto più vicine, se pur meno romantiche. Però, incredibilmente, più raggiungibili, grazie all’ingegno di quel WERNER VON BRAUN che, dall’iniziale stimolo bellico volto a colpire Londra con le sue micidiali “bombe volanti”, giunse a quel clamoroso successo che donò all’umanità la possibile e “pacifica” conquista dello spazio, a cominciare dalla Luna.

Ed i PACIFISTI?...a fare “MARCE DELLA PACE”, su percorsi molto più ....corti, e SOLO MARCE, sventolando le scolorite bandiere arcobaleno, ma che non sono, finora, mai riusciti ad evitare un solo conflitto, per non parlare delle epidemie.

Per ironia, alla loro salute ci penseranno....altri. Chi?

Ma vivaddio, i “guerrafondai”, rivelatisi, paradossalmente, più seri e instauratori di pace proprio per via del deterrente bellico che scoraggia ogni velleità di guerra. E se i migranti, oggetto principe delle loro attenzioni, quali simboli di accoglienza e “Pace”, dovessero procurar loro la malaria ? Nessun problema.

Ci sarà sempre disponibile una pilloletta di ...ATEBRIN.

Ma c’è anche un risvolto culturale che spesso è taciuto. Tra gli effetti positivi delle guerre, non si puó tralasciare anche l’impulso che inducono le guerre a generare capolavori letterari.:

OMERO, senza la sanguinosa Guerra di Troia, avrebbe mai scritto quel sublime grande poema epico che è l'ILIADE? E l'umanità avrebbe mai letto quei toccanti versi pregni di pathos, e quelli non meno appassionanti dell'ODISSEA ? 

CARDUCCI avrebbe mai scritto, ricalcando l’antica metrica, quei possenti versi: “Tra le battaglie, Omero, nel carme tuo sempre sonanti” ?

GIULIO CESARE avrebbe scritto il "DE BELLO GALLICO" senza averla mai combattuta quella guerra? 

LEV TOLSTOJ, avrebbe scritto "GUERRA E PACE" senza l'invasione napoleonica?

ERNEST HEMINGWAY, senza aver subito la prova del fuoco sul fronte della Prima Guerra Mondiale, avrebbe  mai potuto scrivere "ADDIO ALLE ARMI"? 

ERICH MARIA REMARQUE, senza quella sanguinosa guerra avrebbe mai scritto quel capolavoro, orgoglio, paradossalmente, di tutti i “pacifisti” del mondo, che è ALL’OVEST NIENTE DI NUOVO?

ALBERTO MORAVIA, senza le tragiche vicende della seconda Guerra Mondiale, ci avrebbe fatto leggere le raccapriccianti pagine de  “La CIOCIARA" ?

CURZIO MALAPARTE, quel geniaccio, poteva scrivere  “La PELLE", così pregno di cruda attualità, tra le macerie di un’Italia che nel lavacro della sconfitta ritrovava la  sua dignità sospesa?

EZRA POUND avrebbe mai scritto i "PISAN CANTOS", il più grande poema della letteratura americana di tutti i tempi, con la passione, il dolore e la sofferenza di cui  è permeato, se non avesse subito il mortificante affronto di quella gabbia in cui fu rinchiuso, obbligato a svolgere i più ricorrenti bisogni fisiologici sotto lo sguardo del pubblico, sbeffeggiato, deriso ed umiliato da quei soldati  americani, diventati "carnefici" ed “aguzzini”, in forza di una guerra che avevano vinto ? 

“VIA COL VENTO", quel grande romanzo che fa perno sulla storia del conflitto Nord-Sud in America, senza guerra avrebbe mai avuto quella splendida trama ?

CHURCHILL avrebbe vinto il Nobel per la letteratura con la sua "Storia della seconda guerra mondiale" se, di quella guerra, accettata, sofferta e combattuta in prima persona, non fosse stato uno dei protagonisti più autorevoli?

Ma che razza di cultura sarebbe stata? Io lo so. Quella mediocre dei “romanzi d’appendice“ come ”La cieca di Sorrento” , o quella dei feuilleton  che imperversarono  a fine 800 sui periodici popolari, lacrimevoli e pervasi di buonismo a buon mercato e “un tanto al chilo”.

STRABONE, ERODOTO, LIVIO, TACITO e MOMMSEN, senza le guerre, di cosa avrebbero riempito le pagine dei loro libri di storia ?

KARL MARX, tra le non molte cose sagge ha scritto: LA VIOLENZA È LA LEVATRICE DELLA STORIA.

NAPOLEONE (sempre lui, quell’impenitente  ed ostinato “guerrafondaio”) , se non gli fosse saltata in mente l’idea di andare a "turbare la pace" dei Mamelucchi, portando la sua Armée all’ombra delle Piramidi, avrebbe mai offerto la chance a CHAMPOLLION, dico il grande CHAMPOLLION, di donare all'umanità la decrittazione dei geroglifici che schiuse la strada alla nuova scienza dell'egittologia aprendo, così, l’approccio ad una civiltà ritenuta, sino ad allora, misteriosa?

Ma a NAPOLEONE siamo debitori non solo di ciò che finora abbiamo detto. Quando ci apprestiamo ad aprire una scatoletta di carne, o di fagioli, o di sardine, siamo sempre sorpresi dalla fragranza e dall’aroma del contenuto che, a distanza di anni, ha conservato le caratteristiche dell’originaria freschezza. Nessuno, però, sa che di questa conservazione a lungo termine dobbiamo essere grati proprio al “guerrafondaio” NAPOLEONE che, per le campagne di guerra, con spostamenti di truppe lontano dalla sede di rifornimento, avvertì il bisogno della conservazione dei cibi per molto tempo. Da quel genio che era bandì una gara mirata alla conservazione dei cibi. Vincitore fu Nicolas Appert, un cuoco di Parigi, che se ne attribuì il brevetto. Da allora, con questo metodo, abbondantemente adottato dalle industrie conserviere, si riesce persino ad avere disponibile il pregiato prosciutto di San Daniele, o il salmone, senza ricorrere all’eccesso di sale. È pur vero che l’inventore non sapeva perchè quel sistema di inscatolamento da lui inventato conservava i cibi. Ci volle poi PASTEUR a spiegare il principio della “pastorizzazione”. Ma si deve essere grati alla mania bellica di Napoleone del beneficio di cui oggi gode tutta l’umanità.

Dulcis in fundo”, ENRICO FERMI, quel genio tutto italiano di Enrico Fermi, sarebbe mai stato in grado di meritare il “Premio Nobel per la Fisica” se quel guerrafondaio di MUSSOLINI non avesse finanziato la ricerca di quel geniale piccolo gruppo di volenterosi giovani scienziati, nel loro “covo” di Via Panisperna, a Roma, col palese scopo di dotare l’Italia, la pur piccola Italia, di una più che terribile arma, la bomba atomica, a scopi strategici? Sappiamo come andò a finire. Per via che la moglie era ebrea, Fermi intascò il premio a Stoccolma e non fece più ritorno in Italia.

Optò per la più allettante offerta americana che, poi, lo portò a realizzare l’ambizioso “Progetto Manhattan”. Quel progetto aveva come scopo, non quello di costruire  innocui frullatori per le massaie, ma uno dei più micidiali ordigni  bellici, la BOMBA ATOMICA. Cambiava lo sponsor,(dalla Dittatura alla Democrazia) ma non la finalità strategica. E “BOMBA” fu, anche se, poi, fu sganciata per “costringere” il Giappone alla ...Pace. E gli USA, infatti, ottennero la pace andando incontro alla GUERRA ... FREDDA.

E, nonostante tutto, nonostante l’incidente di Cernobyl, la cui causa fu dovuta alle strutture obsolete, costruite con quelle incerte tecnologie costruttive sovietiche, ma  più che altro a disattenzioni del personale per un, ormai accertato,  “eccesso di vodka”, quella spaventosa energia “utilizzabile” a fini pacifici, ci ripaga di ogni dubbio sulla necessità e sulla convenienza dello sfruttamento che ne è derivato.

Ed oggi, se le nostre lampadine si accendono a costi ancora  accessibili, ringraziamo la vicinissima Francia, la vicinissima e “grande pacifista” Svizzera, nonché la vicinissima Slovenia, che ci mettono a disposizione, a prezzi veramente concorrenziali, quella preziosa energia elettrica ottenuta dal nucleare che, nella versione di “quarta generazione”, risulta essere scevro di rischi e, comunque, molto meno inquinante del petrolio e del  carbon fossile.

L’OROLOGIO A CUCÙ...

Ecco una parte del famoso discorso che fu scritto e interpretato da Orson  Welles in persona, per il film “IL TERZO UOMO”, in cuiil “perfido” Lime  giustifica le proprie azioni al disilluso Joseph Cotten: “ Non prendertela, dopo tutto quello che ti hanno detto non è così terribile.  In Italia per trent'anni, sotto i Borgia, ci sono state guerre, terrore, assassinii  e spargimenti di sangue. E hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci  e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno e cinquecento  anni di pace, e  che  cosa hanno prodotto  ?    . . .  L'orologio a cucù “.

FINCHÈ C’E GUERRA C’È RICCHEZZA

 Ed ora a chiusura di questa ponderosa disamina sui vantaggi prodotti dalla guerra merita accennare anche ai benefici economici che ne conseguono. Ma lasciamolo dire ad un illustre giurista, Giuseppe Guarino, che fu anche ministro delle Finanze, in un intervista rilasciata al giornalista Fabio Mattei : FINCHÈ C’È GUERRA C’È RICCHEZZA. “ I conflitti si sono sempre dimostrati fattori decisivi per  l’innovazione tecnologica e lo sviluppo. Da una tabella che riguarda i movimenti del Pil tra il 1938 e il 1944, si vede che gli Stati Uniti hanno fatto registrare in questo periodo, corrispondente agli anni della Seconda guerra mondiale, un eccezionale incremento pari al 114,4%.  Gli investimenti Usa per le guerre stellari, poi, In tempo di pace, ad esempio, hanno prima sfiancato l’Urss causandone il crollo e hanno determinato la crescita del Pil americano nell’era Clinton”.

Ernesto SCURA