Fonte: Comunicato stampa

Liste d’attesa, ora basta: è tempo di cambiare marcia. E’ l’appello di Senior Italia FederAnziani, che di fronte al perdurare di questo annoso problema del nostro sistema sanitario, continua a pungolare le Regioni affinché trovino le giuste soluzioni per poter diminuire quanto prima le liste d’attesa e ristabilire una situazione di effettivo accesso al sistema sanitario.

Non è accettabile – sottolinea la federazione della terza età –  che gli over 60 non possano effettuare gli accessi per le visite specialistiche al fine di potersi trovare negativi o positivi ad una patologia, e di conseguenza aumentare le proprie possibilità di cura. Non è accettabile che ci siano ritardi nell’individuare una patologia oncologica. Bisogna intervenire in modo fattivo su questo stato di cose inaccettabile. Anche se le Regioni, anche a seguito dei solleciti di Senior Italia FederAnziani, hanno iniziato a rimboccarsi le maniche, gli interventi fatti fin qui non sono stati sufficienti e sul fronte del recupero delle liste d’attesa occorre ancora uno sforzo importante per rilanciare la sanità del territorio. L’emergenza della pandemia ha portato a livelli allarmanti il problema delle liste d’attesa, su cui, già prima, pesava la cronica mancanza di personale con cui far fronte ai bisogni di salute dei cittadini. Sono i numeri a dare la dimensione colossale del fenomeno: rispetto al 2019 (pre-pandemia) nel corso del 2020 abbiamo avuto 64.504.000 prestazioni di specialistica ambulatoriale in meno (-28,3%) e nel 2021 sono state 33.919.000 in meno (-14,9%), per un totale di 98.423.000 prestazioni di specialistica ambulatoriale in meno nel biennio; i ricoveri ospedalieri sono stati nel 2020 1.774.817 in meno rispetto al 2019 (-21%) (fonte: adattamento Agenas Portale Covid-19 su dati del Ministero della Salute). Il problema è confermato anche dai risultati di una survey condotta dall’ISTAT che ha valutato i numeri delle rinunce da parte dei cittadini alle prestazioni sanitarie (visite specialistiche ed esami diagnostici) per la difficoltà di accedere al servizio o motivi economici, evidenziando che le rinunce sono state 4.845.000 nel 2021 e ben 5.610.000 nel 2021 (nel 2019 erano 3.162.000), con un evidente trend in aumento (fonte: Rapporto BES 2021 su dati Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana). Per molti mesi il Covid ha di fatto cancellato le altre cronicità, togliendo spazio a chi, per esempio, ha problemi cardiaci o deve fare un intervento di cataratta. Sono milioni i pazienti che ancora oggi faticano a ottenere il rispetto dei tempi indicati dal medico sulle prescrizioni, trovandosi a dover rinviare visite specialistiche, controlli, interventi, con i Cup che spesso non sono nemmeno in grado di fornire una data. E’ importante non abbassare la guardia sulla lotta al Covid, ma al tempo stesso bisogna tornare a prendere in carico le altre cronicità perché i cittadini continuano a subire l’enorme danno di salute per malattie diagnosticate tardivamente e quindi più difficili da curare. Occorre riaprire le sale operatorie per le cataratte, far ripartire l’oftalmologia perché l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha comportato notevoli ritardi alle attività legate alle patologie oftalmologiche: in questo periodo a livello nazionale sono state svolte 2.500.000 prestazioni ambulatoriali in meno e ciò ha determinato l’allungarsi delle liste d’attesa e disagi per l’utenza. Si è verificata una contrazione di più di 300.000 interventi chirurgici della cataratta, che in tempi pre-Covid raggiungevano i 600.000 in un anno; una parte degli over 80, che non sono stati operati, ha subito una frattura del femore a causa dell’ipovisione e della conseguente difficoltà ad evitare gli ostacoli; tutto ciò ha causato un aggravio delle spese dell’SSN; si è verificata una riduzione delle iniezioni endovitreali (IVT) per la cura della maculopatia essudativa, che, talvolta, ha reso impossibile il recupero funzionale della vista. Ma sono tanti i fronti su cui è urgente intervenire per ridurre ritardi e mancanze inammissibili. Occorre riaprire le riabilitazioni. Occorre ricominciare immediatamente a fare prevenzione oncologica altrimenti da qui a un anno ci troveremo una quantità di malati oncologici allo stadio non iniziale ma allo stadio avanzato, che costeranno al Sistema Sanitario tre volte tanto e non raggiungeranno i 5 anni di sopravvivenza. Bisogna ripristinare il diritto alla salute facendo ripartire a pieno regime la sanità del territorio. Sono molti i modi in cui si può intervenire. E’ necessario, per esempio, migliorare i processi di cura dei pazienti, in particolare quelli anziani e cronici attraverso un coinvolgimento degli studi dei medici di medicina generale disseminati su tutto il territorio. Non è pensabile infatti riportare alla sanità territoriale funzioni che attualmente sovraccaricano impropriamente le strutture ospedaliere senza un pieno coinvolgimento dei medici di famiglia, e andrebbero superate alcune limitazioni alla facoltà di prescrizione da parte dei medici di medicina generale dei farmaci per alcune patologie, evitando le tante visite specialistiche prescritte solo per il rinnovo del piano terapeutico. Bisogna potenziare la specialistica ambulatoriale: se siamo giunti a questo punto è perché per anni il territorio è stato abbandonato e desertificato lasciando che i medici andassero in pensione senza che venissero sostituiti. Uno dei problemi delle liste d’attesa infatti è il mancato potenziamento della specialistica ambulatoriale, ovvero quel settore della medicina che opera nel territorio, anche al di fuori degli ospedali, e che ha negli anziani e nei cronici i propri pazienti. È ormai urgente quindi aumentare l’offerta di medici specialisti che ci sono e che sono sottoutilizzati rispetto al concreto fabbisogno. Ed è necessario soprattutto che le Regioni prendano in carico in modo definitivo questo grave problema del nostro Sistema Sanitario perché si restituisca una volta per tutte ai cittadini, soprattutto anziani, cronici e fragili il diritto ad avere le migliori opportunità di cura.

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