Fonte: quicosenza.it

di Maria Teresa Improta

Emergenza sanitaria nella sibaritide. Nei due ospedali di Corigliano e Rossano la carenza di personale è drammatica. Un fenomeno aggravatosi con l’aumento degli utenti a seguito dell’arrivo dei turisti e le ferie dei pochi sanitari in forze.

Soprattutto per quanto riguarda i due Pronto Soccorso dove medici ed infermieri vincitori di concorso non ci sono più. Sono stati trasferiti in altri reparti per motivi di salute o incompatibilità alle funzioni svolte e mai sostituiti con altro personale. Sono solo tre gli infermieri per turno che nel nosocomio di Rossano devono gestire quattro servizi: accettazione, pronto soccorso, medicina d’urgenza ed osservazione breve intensiva. Uno di questi delicati presidi resta quindi sistematicamente scoperto nonostante, in questo periodo, c’è chi lavora 12 ore al giorno anche per due settimane di fila senza un giorno libero. A questo enorme disagio si aggiunge l’indisponibilità di stanze che obbliga il personale ad inventarsi soluzioni in estemporanea per trovare un luogo in cui prestare cure al paziente. In più non essendo mai stato stilato un protocollo di gestione delle urgenze per lo spoke di Corigliano Rossano si registrano assurde anomalie. Tra queste l’evidenza che nel 90% dei casi, pur non rientrando nelle proprie competenze e mansioni, gli infermieri che si ritrovano al triage (per non congestionare la sala d’attesa) provvedono ad indirizzare l’utente facendo una prima ‘diagnosi’ pur non essendo medici. Un esempio. Se chi arriva in pronto soccorso afferma di essere caduto e lamenta dolore agli arti verrà ‘visitato’ in accettazione e mandato in Radiologia. Una pratica pericolosa, ma necessaria che però non risolve il problema delle dimissioni che devono comunque essere firmate da un medico. Inoltre nel triage l’infermiere dispone solo di un computer ed è costretto ad ingegnarsi nei modi più disparati per trovare barelle o sedie a rotelle. I ‘fortunati’ che riescono ad ottenere le cure di un medico ‘vero’ si ritrovano, a causa della mancanza di spazi, ad essere mescolati tra loro non esistendo una distinzione tra sala chirurgica e sala medica. Quindi chi ha una ferita sanguinante viene posizionato nella stessa stanza di chi ha un infarto in corso. E se il medico, perché è quasi sempre solo un dottore di turno, sta suturando un taglio è l’infermiere a trattare il dolore toracico. Per quanto riguarda le malattie infettive trasmissibili per via aerea la situazione è ancora più paradossale. Non esiste né nell’Ospedale di Corigliano né nell’Ospedale di Rossano una sala d’isolamento con tutti i rischi che ne conseguono. Il vero e proprio degrado si registra quotidianamente invece nell’Osservazione Breve Intensiva. Un luogo dove, in attesa di diagnosi, i pazienti dovrebbero restare dalle 24 alle 48 ore, senza parenti. In realtà per la carenza di posti nei reparti è possibile che l’utente trascorra in questa stanza anche una settimana insieme ad almeno altre 15 persone. Sono infatti 15 le barelle che fungono da letti, per gli altri pazienti vi sono le sedie in attesa che si liberi un ‘posto’. A loro si aggiungono i familiari ‘clandestini’ ai quali non può, per etica, essere impedito di far visita al proprio congiunto o di consegnargli cambi puliti. La loro presenza pur essendo vietata però è a volte indispensabile. Sono loro ad aiutare chi vomita, a reggere il vassoio di deve mangiare seduto, a raccogliere i piatti che nella confusione si ribaltano per terra. E mentre un solo medico gestisce questo delirio, avendo in carico 20 pazienti in contemporanea, a Rossano nel reparto di Unità Terapia Intensiva Cardiologica – Cardiologia vi sono 12 medici operativi, per un totale di 12 posti letto. Nonostante ciò il paziente deve nella maggior parte dei casi essere trasferito, spesso d’urgenza con un’enorme perdita di tempo, negli ospedali di Castrovillari o Cosenza perché non c’è l’emodinamica e la maggior parte delle patologie cardiache non possono essere trattate.

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