Il sindaco Flavio Stasi
 
Concittadini. Inutile fingere ma stasera, per un cittadino di Corigliano-Rossano, non è una sera come le altre. La nostra comunità stasera e domani avrebbe dovuto festeggiare. Festeggiare ricordando un momento doloroso come quello del terremoto ma anche sorridendo, stando insieme, rispettando la tradizione e facendo chiasso. E non vi nego che accendere nuovamente il fuoco da solo o quasi - per rispettare la tradizione e tenere viva la memoria, ma senza il trambusto intorno, senza le vie dei centri storici piene di gente né oggi né domani - mi ha reso sinceramente triste. Non mi piace quando la politica “social” di questi anni tende a rendere pubbliche le banalità, belle o brutte, della propria quotidianità o della vita privata, nel tentativo patetico di accattivarsi le simpatie di qualcuno sottolineando la propria normalità: lo trovo finto e spesso credo dimostri l'esatto contrario. Ma quella di stasera è una tristezza che in fondo credo riguardi tutti, la comunità ed in qualche modo anche il ruolo che ricopro. Essendo nato nel centro storico di Rossano, fin da piccolo ho imparato ad onorare questa tradizione senza nemmeno conoscerne il significato, che avrei imparato molti anni dopo, ed i preparativi per il fuoco che iniziavano molti giorni prima. Prima si sceglieva il luogo del fuoco, se farne uno piccolo solo coinvolgendo il vicinato, oppure uno un po' più grande coinvolgendo l'intero quartiere o parte di esso. Poi noi ragazzi, anche se nessuno ce lo chiedeva, iniziavamo a raccogliere legna ovunque la trovassimo, come se all'improvviso cassette di legno, tavole, travi e ciocchi di ogni tipo fossero diventati il materiale più prezioso del mondo, in una sfrenata concorrenza tra vie e quartieri che sarebbe terminata solo all'accensione del fuoco, convinti di aver realizzato quello più alto di tutti. E poi era anche un modo per poter stare in giro la sera fino a tardi, col pretesto di andare a guardare i falò degli altri e di andare a salutare gli amici degli altri quartieri, dove gli adulti erano comunque distratti dalle tavole imbandite. E non credo che i ragazzi del centro storico di Corigliano vivessero con meno entusiasmo l'attesa e la notte della festa del 25, originata dallo stesso evento sismico ma per ricordare ogni anno il nostro Vecchio, aspettandolo la sera del 24 a Sant'Antonio dopo il giro di tutta la città, mare compreso, ed accompagnandolo fino al santuario sotto una pioggia di petali colorati in segno di gratitudine per averci protetto e per aver tenuto in piedi le nostre case nonostante il mostruoso tremore della terra abbia letteralmente aperto le montagne. Ed allora stasera non ce la faccio a scrivere di contagi, di vaccini, di decreti, di ordinanze, di zone colorate. Stasera e domani non sono sere come le altre ed ognuno di noi deve onorarle nel migliore dei modi e per come si sente. Mi limito a scrivervi solo un pensiero, a cui credo sinceramente: mantenere viva la memoria di un evento che ha lasciato un segno profondo nella nostra comunità è ancor più importante oggi, quando l'intero pianeta ormai da un anno vive una fase così dolorosa da ogni punto di vista. Ci ricorda che in passato abbiamo dimostrato di saperci rialzare più volte, e per quanto anche io possa essere amareggiato, mi convince del fatto che ci rialzeremo anche stavolta.

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