Categoria: Società
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Gesù, nel vangelo di Matteo (11,28-30), afferma:
 “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.  La mitezza e l’umiltà, come la povertà, sono una disposizione interiore che, se è autentica, trasforma il comportamento personale e la vita sociale. Si tratta della rinuncia ad ogni diritto, quando esso riguarda soltanto se stessi. È un atteggiamento del cuore che ama, e che ama veramente, poiché l’amore non ha diritti, e se ne ha vi rinuncia.  Il mite e l’umile di cuore non si agita e sà essere capace di una pazienza inalterabile. In lui non c’è durezza, non c’è violenza. Mitezza e umilità sono atteggiamenti del cuore e non della volontà,

possibili solo attraverso percorsi educativi vissuti alla scuola di Gesù, il vero mite e umile di cuore. Egli viene al mondo per comunicarci la sua vita di Figlio del Padre, infatti è nel riappropriarci della nostra figliolanza divina che troviamo la salvezza. Nello Spirito, che la vita di grazia ci dona, i nostri cuori vengono condotti ad abbracciare il dolce giogo, quel vincolo che è la libertà dei figli di Dio: libertà di scoprirsi amati e capaci di ri-amare a nostra volta. La dolcezza della mitezza e la pazienza dell’umiltà sanno nutrire i tempi della conversione, conducendo a quell’intimità con Dio che scardina l’orgoglio e le sue reazioni violente di fronte a chi scalfisce i nostri interessi o cerca di sottrarci ciò che ci appartiene.

Mitezza e Umiltà: coordinate per costruire un mondo nuovo

Il mite e umile di cuore, conformato a Cristo, diviene l’uomo delle beatitudini: l’uomo nuovo che eredita la terra. Rinnovato dall’Amore, l’uomo riscopre il suo essere figlio a immagine e somiglianza del Padre. Un figlio che eredita la terra sapendola governare con la sua amabilità e rendendola anticipazione del paradiso. Il riferimento è alla relazione nuova che nasce col prossimo.
Il mite e l’umile sanno costruire relazioni nuove, cariche di misericordia, capaci di riconciliazione, libere da quell’aggressività che, sin dalle origini, ha sempre contraddistinto il cammino dell’uomo. Vivere la mitezza e vivere l’umiltà non è questione di passività o debolezza, bensì è forza che sposa una tenerezza risoluta, per dirimere e affrontare ogni cosa. Sull’esempio di Gesù, siamo chiamati anche noi a vivere nella semplicità, senza tortuosità interiori, abbandonando ogni durezza del cuore, ogni malizia. Siamo chiamati a non lasciarci fuorviare dall’arroganza umana, facendo divenire la vita una primavera per l’umanità. Dalla mangiatoia di Betlemme all’oltraggio della Croce, concludendo con le stimmate della Risurrezione, mitezza e umiltà si attestano come il cantus firmus della luminosa testimonianza di vita di Gesù, che a noi si rivela sempre in questa veste. 

Attenzione al bue e all’asinello

Non manchi, dunque, l’attenzione a porre nei presepi il bue e l’asinello, per non perdere l’occasione di riflettere su quanto viviamo. Nulla è trascurato dallo sguardo con cui Dio guarda alla storia, alla mia, alla tua. Ciò che sembra ininfluente diviene centrale e significativo.
Il Natale segni per tutti un momento di autentica rinascita, in cui riscoprire il valore della vita semplice, sobria, fatta di cose belle, cristalline.
Umiltà e mitezza tornino ad essere valori coltivati e virtù praticate per adornare questo mondo troppo imbruttito dalla nostra arroganza ignorante.
Il Signore benedica tutti voi, in particolare ammalati e sofferenti, nel corpo e nello spirito, quanti sono stati feriti nella dignità, e coloro che calpestati dall’ingiustizia e dalla violenza attendono risposte ricche di speranza.
A tutti giunga la mia benedizione e l’augurio paterno per questo Santo Natale.

+ don Giuseppe vostro Arcivescovo