Il tema povertà educativa è molto vasto e chiama in causa criteri, contesti e livelli di analisi anche molto differenti. Di povertà educativa si sta infatti, discutendo molto negli ultimi due anni, grazie all’impresa sociale Con i Bambini e al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile destinato “al sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori” e a “Con i bambini”.

A febbraio 2018 è stato anche pubblicato il Rapporto “Povertà educativa. Servizi per l’infanzia e i minori” che offre un quadro, a livello nazionale, della distribuzione e della copertura di servizi per bambini e giovani su territorio nazionale. Prima di questo rapporto, sono stati diversi i contributi che hanno provato a indagare i significati e le declinazioni della povertà educativa. Le origini della povertà educativa possono essere ricercate da un lato nelle discipline economiche: così come per la dimensione economica della povertà, il riferimento teorico per la definizione di povertà educativa è all’ideale dell’uguaglianza di condizioni, ossia l’idea che ogni essere umano abbia diritto a godere dei livelli essenziali di un insieme di beni primari necessari al suo sviluppo personale e alla sua inclusione sociale. Oltre alle diseguaglianze economiche, anche le disuguaglianze nelle competenze e nelle conoscenze acquisite durante i processi educativi vanno contenute. Ambiti di vita e di esperienza nei quali il ruolo degli adulti e delle istituzioni è certamente centrale nell’allestimento della qualità dell’offerta educativa, ma dove è assolutamente prioritario riconoscere uno spazio di libertà e di “smarco” del bambino la cui condizione, tanto di povertà educativa, quanto di potenzialità educativa, non può e non deve essere definita esclusivamente attraverso gli indicatori di povertà degli adulti e delle istituzioni con i quali è in relazione.  Un dato tristemente interessante sul quale riflettere riguarda la dispersione scolastica: la media nazionale italiana, da fonti MIUR,  è del 13,8% ed è quasi superfluo rilevare che le Regioni del Sud Italia hanno i maggiori tassi di dispersione. Sempre il rapporto della CRC segnala che il 14,7% dei 18-24enni italiani ha raggiunto soltanto la licenza media e che tra i 14-15enni si registrano i tassi più alti di non ammissione alle classi successive e di interruzione del percorso di studi. Di questa interruzione molta responsabilità va alla mancata strutturazione di un’educazione professionalizzante di qualità. Elevata anche l’assenza di tempo pieno: il 68,87% delle scuole primarie non ha il tempo pieno. Certo, la scuola non è solo struttura e va sostenuta con la formazione agli insegnanti, con programmi e metodi di studio adeguati e idonei e su questo tema c’è un ulteriore dato su cui riflettere. La povertà educativa non deve e non può ridursi alla povertà scolastica e ai problemi della scuola, ma è qualcosa di ben più ampio e radicale che riguarda la possibilità, per bambini e adolescenti, di far fiorire le loro aspirazioni e i loro talenti, anche oltre la scuola e, permetteteci, malgrado la scuola. Abbiamo quasi la metà dei bambini e dei ragazzi dai 6 ai 17 anni che non ha letto nemmeno un libro nell’anno se non quelli scolastici. (…) Siamo il paese più ricco di siti Unesco nel mondo e abbiamo il 69,4% dei ragazzi che non ha visitato un sito archeologico nell’ultimo anno, il 55,2% non ha visitato un museo e il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva e, addirittura, nell’età0, 300mila minori sono disconnessi, non hanno navigato su internet nell’ultimo anno. Noi abbiamo infatti chiamato questo popolo di minori il popolo dei disconnessi rispetto alla realtà che li circonda. Questo non riguarda solamente la scuola ma tutti i loro contesti di vita”. la povertà educativa non coincide con la povertà economica. Quelli che maggiormente sono colpiti da povertà educativa sono i bambini che vivono in condizioni socio-economiche più difficili e sono i bambini che hanno i genitori stranieri di recente arrivo in Italia. Ed è in questo ambito che si inserisce il progetto “Dare di più a chi ha avuto di meno” , progetto selezionato dall’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che coinvolge non solo i ragazzi e gli educatori, ma anche i genitori. Della durata di tre anni, il progetto coinvolge 57 partner tra enti non profit, enti locali e scuole, 14 sedi di attuazione di cui 11 al sud, più di 80 operatori impegnati, 3 mila minori come destinatari. In questo importante e vasto progetto è impegnata anche l’Opera Salesiana di Corigliano-Rossano diretta da don Natale Carandente “L’esperienza progettuale – afferma don Carandente - è stata sino ad ora una vera e propria opportunità di crescita, umana e professionale, tanto per gli operatori quanto per il piccolo gruppo genitori che ha frequentato le attività che sono state proposte sino ad ora”. Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, Forum nazionale del Terzo Settore e Governo. Per attuarne i programmi, a giugno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione con il Sud.

 

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