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Foto: Il Ministro Valeria Fedeli

Lettera al Ministro dell’Istruzione  Valeria Fedeli

 Egregio signor ministro, chi le scrive è un semplice giornalista di provincia, di periferia, una di quelle periferie del mondo, per dirla con Papa Francesco. Vorrei richiamare la sua attenzione su una questione tanto semplice quanto delicata e che paradossalmente si complica anche al sol pensiero: l’insegnamento nelle scuole della storia italiana contemporanea.

E nella storia contemporanea nostrana ci sono cose di cui ormai i giovani non possono più farne a meno: la storia criminale e violenta delle mafie, ma soprattutto la storia e la vita delle vittime innocenti di tutte le mafie in Italia. Già, la storia recente e passata del nostro Paese. La storia dei servitori leali dello Stato uccisi in Italia, delle vittime innocenti di tutte le mafie, delle donne e dei bambini massacrati dalla barbarie mafiosa. Di questo nei libri di storia purtroppo non si trova traccia. Eppure chi le scrive ha girato molte scuole, medie e superiori indistintamente, dalla Sicilia al Trentino Alto Adige, parlando proprio di queste storie, raccontando l’Italia vista con gli occhi dei familiari delle vittime innocenti delle mafie. Raccontando la storia di Dodò Gabriele, 11 anni da compiere, colpito a morte mentre gioca su un campo di calcetto; di Nicholas Green, 7 anni, ammazzato in macchina mentre era in vacanza con il papà, una vicenda che ha di fatto cambiato l’Italia della donazione di organi, ma di cui non si trova traccia in nessun libro di storia; di Simonetta Lamberti, Raffaella Lupoli, Francesco Marcone, Michele Fazio, Annalisa Durante, Salvatore Asta, Giuseppe Asta, Barbara Rizzo, Emanuela Loi, Antonino Agostino, Rita Atria… Potrei citarne almeno altri novecento nomi e cognomi, volti e vite, sguardi e mani che accarezzavano, di donne, bambini e uomini uccisi dalle mafie in Italia. Raccontarle, farle conoscere ai ragazzi delle scuole sarebbe un esercizio di memoria che potrebbe rendere l’Italia un luogo migliore da abitare e vivere. Ormai sono migliaia gli studenti che partecipano in ogni regione ai campi di volontariato di Libera – associazione nomi e numeri contro le mafie -, campi nei quali spesso incontrano il dolore e la speranza dei familiari delle vittime innocenti. Ascoltano il loro racconto, il loro impegno ogni giorno per combattere contro la violenza mafiosa e la mafia della corruzione, per ridare speranza a questo Paese e per costruire insieme ai giovani la strada per un Paese migliore. Ecco, la memoria appunto, ripercorrere la vita di chi ha scelto subito e in maniera netta da che parte stare. Per dirla con Luigi Ciotti: “Non la memoria sterile delle celebrazioni, delle targhe apposte, delle parole di circostanza. Ma la memoria viva della responsabilità e della coerenza. La memoria delle coscienze e delle vite inquiete, proiettate al bene comune”. Fare, per esempio, come in una scuola di Reggio Calabria, dove i ragazzi hanno studiato la storia di Dodò Gabriele e poi, di loro iniziativa, hanno chiesto ai professori di inserire il nome di Domenico in fondo all’appello della classe e ogni mattina il prof della prima ora, al termine dell’elenco dice: “Domenico Gabriele” e i ragazzi, tutti, rispondono: “Presente”. La storia recente, quella che nessuno ti racconta, la storia che invece dovrebbe entrare nelle scuole e far discutere gli alunni, dare loro le conoscenze per creare coscienze, partendo da chi ha sacrificato se stesso, vittime e familiari.{jcomments on}

Bruno Palermo- Giornalista -