Categoria: Politica
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Fonte: www.corrieredellacalabria.it

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie Mariastella Gelmini, ha esaminato 39 leggi delle regioni e delle province autonome e ha deliberato di impugnare, tra le altre, la legge della Regione Calabria numero 22 del 07/07/2022, “Misure per fronteggiare la situazione emergenziale sanitaria”.

La scelta è arrivata, secondo quanto si legge nella nota diffusa in nottata dall’esecutivo «in quanto talune disposizioni ponendosi in contrasto con la normativa statale in materia di ordinamento civile e professioni violano l’articolo 117, secondo comma, lett. l), e terzo comma della Costituzione, nonché il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione». La legge è formata da una norma transitoria inerente la regolarizzazione degli accreditamenti (questa parte della legge non è stata impugnatandr) e inserisce una serie di Misure “temporanee per fronteggiare la situazione emergenziale sanitaria”. Tra queste, la norma dà alle Aziende del servizio sanitario regionale la possibilità di «conferire ai medici incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, anche per lo svolgimento di funzioni ordinarie».

I passaggi della legge che «presentano profili di criticità»

«L’articolo 2 della legge in oggetto – si legge sul sito del ministero per gli Affari regionali – disciplina alcune misure temporanee per fronteggiare la situazione emergenziale sanitaria e consente alle Aziende del servizio sanitario regionale di conferire ai medici incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo. Tuttavia, presentano profili di criticità le seguenti disposizioni contenute nell’articolo 2:
– il secondo periodo del comma 3, nel quale si prevede che “Qualora risulti oggettivamente impossibile il reperimento di medici in possesso della specializzazione richiesta, la selezione potrà essere estesa anche a medici in possesso di diploma di specializzazione in disciplina equipollente o affine”;
– il comma 4, nel quale si prevede che “Qualora il reperimento di professionisti risulti infruttuoso anche con l’estensione alle discipline equipollenti o affini, si potrà procedere al reclutamento di medici privi del diploma di specializzazione sulla base di linee di indirizzo regionali che definiscano le modalità di inserimento degli stessi all’interno delle strutture aziendali e di individuazione degli ambiti di autonomia esercitabili con il tutoraggio del personale strutturato”;
– il comma 5, nel quale si prevede che “La Regione organizza e riconosce percorsi formativi dedicati all’acquisizione di competenze teorico pratiche negli ambiti di potenziale impiego di medici privi del diploma di specializzazione”;
– il comma 6, nel quale si prevede che “Il diploma di specializzazione è sempre richiesto per le specialità di Anestesia, rianimazione e terapia intensiva e del dolore, Medicina nucleare, Radiodiagnostica, radioterapia e Neuroradiologia”».

«Norme in contrasto con le disposizioni di legge statali»

«Al riguardo – si legge ancora –, si ritiene che le suddette norme si pongano in contrasto con le disposizioni di legge statali che, a fronte delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del Covid-19, hanno previsto la possibilità per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale di reclutare, tra gli altri, i medici specializzandi iscritti all’ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi. La possibilità di conferire incarichi di lavoro a medici specializzandi è, pertanto, già prevista dalla legge statale in base e a fronte di presupposti specifici, rispetto ai quali le su citate disposizioni regionali – che consentono l’attribuzione di incarichi a soggetti in possesso di specializzazioni affini o equipollenti (comma 3) e addirittura a soggetti privi di specializzazione (comma 4 e comma 6) – si pongono in contrasto». Le disposizioni previste dalla legge calabrese «determinano, pertanto, a fronte della identità di problematiche già affrontate dalla legislazione statale in via d’urgenza, una irragionevole disparità di disciplina nell’ambito territoriale di riferimento, in aperta violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione».
Con specifico riferimento alla disposizione di cui al comma 5, in particolare, «si ritiene inoltre che la stessa violi direttamente le competenze statali laddove sovrappone agli ordinari meccanismi di valutazione dell’esperienza formativa – come tali rimessi alle scuole di specializzazione nell’ambito del sistema universitario – un’attività di formazione dei medici da parte della Regione con potere di “riconoscimento” dei relativi risultati. A tali elementi, legati ad un profilo più prettamente sostanziale delle suddette disposizioni, si aggiunge poi l’argomento formale legato al fatto che le disposizioni regionali intervengono a disciplinare una materia di diretta derivazione europea e, quindi, inevitabilmente rientrante nella competenza esclusiva dello Stato. Ciò determina, pertanto, una violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione in materia di ordinamento civile, nonché con l’articolo 117, terzo comma, Cost. in materia di “professioni”».