Una delle risorse più preziose ed inimitabili che rendono straordinariamente competitiva la capacità attrattiva destagionalizzata di CORIGLIANO ROSSANO è certamente la quantità di eventi della tradizione, unici nel loro genere da diversi punti di vista, intrisi e portatori di storia, di identità, di cultura e di autentico spirito laico e religioso dei luoghi.

Eventi che, tra sacro e profano, tra religione ed enogastronomia, tra patrimoni architettonici e naturalisti rappresentano una delle miniere più inesauribili per quanti sanno benissimo che è con questa industria e non con altre che possono crescere e svilupparsi sviluppo sostenibile ed economia circolare. Uno di questi eventi è sicuramente la Festa di S.Onofrio, il Santo dei Pastori e del Popolo, i cui riti ancestrali da tempo immemorabile si ripeteranno ancora una volta domani, domenica 19 maggio (come da tradizione la terza del mese) nell’omonima contrada montana di Rossano. È quanto ha dichiarato Gino Promenzio, candidato della coalizione Civico e Popolare che nella giornata di oggi (sabato 18 maggio), nel corso dei suoi numerosi incontri su tutto il territorio, contrada per contrada, si è confrontato con residenti e simpatizzanti nel quartiere dell’edilizia residenziale pubblica Corigliano Scalo in Via Gronchi e poi in Via Fontanelle. Al pari della plurisecolare fiera che si tiene a Schiavonea sia a maggio che a novembre e che vede protagonista il Quadrato Compagna e la grande storia marinara e commerciale del territorio; della Notte dei Fuochi di San Marco ogni 24 aprile nel Centro Storico di Rossano e il 25 aprile della Festa di San Francesco di Paola a Corigliano dove sono conservati reliquie originali ed uniche del Patrono della Calabria e d’Europa, la Festa di Sant’Onofrio rappresenta – prosegue – una di quelle finestre sulla storia e sull’identità di questa terra che dovremo e sapremo condividere oltre i confini municipali e regionali. C’è un fiume documentato di viaggiatori in giro per l’Italia, connazionali e non, che sono e nei prossimi anni saranno sempre di più alla ricerca di emozioni e di esperienze uniche ed irripetibili, nella maggior parte dei borghi e delle città d’arte della cosiddetta Italia minore; soprattutto al Sud e soprattutto nell’entroterra. Sono turisti amanti della natura, della tradizioni, dei paesaggi, delle passeggiate, dell’enogastronomia, dei riti ancestrali e del fascino dei luoghi lontani dal caos e dal disturbo delle grandi metropoli italiane ed europee. E che cercano finestre sulla storia e sull’identità proprio come S.Onofrio. È a loro che dovremo e sapremo rivolgerci, facendo della comunicazione turistica una delle leve strategiche per far arrivare lontano, più lontano possibile, il messaggio che a CORIGLIANO ROSSANO ci sono eventi forti che nel corso dell’anno, fuori dalla stagione estiva, vale la pena non perdersi, cogliendo l’occasione per fermarsi qualche giorno in più in questa Città e scoprire un territorio che ha tutte le carte in regola per attrarre, accogliere, emozionare e fare economia del turismo da gennaio a dicembre. Quella di S.Onofrio, secondo alcuni storici e studiosi, è probabilmente una delle più antiche d’Italia: ad un mese circa dall’inizio dell’Equinozio di Primavera (21 marzo), invoca la protezione del Santo eremita persiano-egiziano per propiziare una proficua stagione della transumanza. Il perno della festa – ricorda Franco Filareto – è il simulacro del Santo: una statua lignea di straordinaria bellezza, che ritrae il Santo eremita seminudo e in regale posa, con barba e capelli lunghi, sommariamente coperto da un panno di foglie, regge con la mano destra a mo’ di scettro il bastone di appoggio dei pastori e con la sinistra le offerte votive dei fedeli (ex voto), ha per corona un intreccio di rose e fiori di campo (omaggio filiale da parte delle donne delle contrade limitrofe), per compagno di viaggio la riproduzione di un’accovacciata bianca cerva, che lo nutrì per tre anni, donatagli da un Angelo. La statua viene portata a spalla in processione per i viottoli attorno alla Chiesetta, accompagnata da musica, canti e preghiere da parte dei fedeli; un devoto dietro la statua reca un lungo bastone ramificato, detto majo, ricavato dalla pianta arborea longeva e beneaugurale del sambuco oppure della fisciògnola (agrifoglio).  Ai tanti rami sono appesi numerosissimi taraddi, a base di semi di ranzo o anice e fatti in casa da sapienti mani di donne. I taralli, nella nostra antropologia demologica, sono i simboli del lavoro dell’uomo.

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