di Giuseppe Sammarro*

Giovedì 26 gennaio ho partecipato all’iniziativa promossa dall’A.N.P.I. della sezione di Castrovillari, ospitata meritevolmente dall’amministrazione di Cassano presso il teatro della città, alla iniziativa per la commemorazione del giorno della memoria.

Una manifestazione che ha posto al centro il confronto diretto tra gli oratori e gli studenti delle superiori e i lori insegnanti, e che ha registrato anche interventi e riflessioni sul bel libro di Francesco Veltri, presente all’incontro, dal titolo “Il mediano di Mauthausen”. Il vescovo di Cassano, mons. Francesco Savino, nel suo intervento, davvero toccante, si è rivolto alle ragazze e ai ragazzi: “Il mondo – ha detto, tra l’altro, mons. Savino - non ha bisogno di maestri ma di testimonianze credibili,la giornata della memoria è importante perché senza memoria non c’è ne presente ne futuro. Mentre oggi noi facciamo la memoria di Auschwitz, questa è la metafora di quello che subì il popolo ebraico. In questo momento in Ucraina ci son tante altre situazioni come Auschwitz. Se oggi andiamo il Libia ci sono i nuovi lager dove uomini e donne vengono torturati. Il report sul diritto da asilo inizia con la storia di Said che a sedici anni viene torturato e, i suoi uccisi. Ragazzi capite quando è importante la memoria ma nonostante la memoria, noi continuano a ripetere gli stessi errori.” Nel prosieguo del suo intervento il presule ha esortato gli studenti a ribellarsi ad ogni guerra, ad ogni olocausto, ad ogni Auschwitz, ecco perché bisogna dire mai più. Monsignor Savino concludeva il suo intervento citando un testo di Elie Wiesel nato in un paesino dei Carpazi in Ungheria da Sarah Feig e Salomo Wiesel appartenenti alla numerosa comunità Ebraica . Wiesel la sua famiglia e il resto dei suoi concittadini ebrei dopo che il governo ungherese filo tedesco approvò una serie di legge razziali, il sei Maggio del 1944 furono deportati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. I genitori e una sorella finirono nelle camere a gas. La citazione di Elie Wiesel: “Dov’è il buon Dio dove’?Donando’ uno dietro di me, a un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte “silenzio assoluto, sapete sono tre persone che vengono impiccate”vengono tolte le seggiole all’orizzonte il sole tramontava. Inizia la sfilata tra questi tre impiccati due adulti non vivevano più, ma la terza corda non era immobile anche se lievemente il bambino viveva ancora. Il terzo impiccato era un bambino. Più di mezz’ora resto’ così dondolando lottando tra la vita è la morte. Agonizzando sotto i nostri occhi e noi dovevamo guardarli bene in faccia, i presenti venivano costretti a guardare in faccia i tre impiccati e questo bambino che per mezz’ora dondolava ancora. Lottava e non moriva ancora. Dietro di me - dice Wiesel che era nel campo di concentramento - udii un uomo domandare ancora dunque, dove’ Dio? Hanno detto che dopo Auschwitz è morta anche la poesia. Dopo Auschwitz è morta la fede , la ragione , e morta l’umanità. Dunque dove’ Dio, io sentivo. In me una voce rispondeva, dove’? eccolo è appeso li a quella forca. Quella sera la zuppa aveva un sapore di cadavere.” Un messaggio forte e drammatico affidato ad una platea di giovani attenti, vigili e concentrati, l’aria era impregnata dalle mozioni e dei turbamenti di questi ragazzi causati dalle parole del Vescovo. Il loro comportamento in questa circostanza è stato per me la conferma di quando noi adulti li giudichiamo, a volte li accusiamo, sbagliando, di essere una generazione superficiale con in mano tutto il tempo il telefonino, lontani dalla realtà che li circonda. Non è così con questi pregiudizi su di loro camuffiamo la nostra responsabilità del mondo che gli lasciamo. Una vera ipoteca sul loro futuro, segnato da conflitti,disuguaglianze, pandemie e catastrofi climatiche. Le parole del vescovo ma ancor di più quelli del presidente della Repubblica, ci consegnano un paese che troppo spesso si volta dall’altra parte. Ieri sulle nostre responsabilità alle leggi razziale e allo stermino del nazifascismo, oggi sugli immigrati. Le parole della presidente del Consiglio sulla Shoah ”male assoluto” sono solo di circostanza se non accompagnate alla condanna e presa di responsabilità storica della sua provenienza politica di riferimento, il Msi erede dalla repubblica di Salò. Un paese dove i segni del ventennio sono ancora tangibili in tante nostre città a conferma di non avere avuto la forza di fare i conti col suo infausto passato. La Repubblica nata dalla resistenza al fascismo e la Costituzione antifascista non sono bastati a produrre i necessari anticorpi. L’assalto alla sede della Cgil. da parte di neofascisti, gli insulti e le reiterate minacce alla senatrice Liliana Segre, sopravvissuta ai lager e testimone vivente di quell’orrore e che viene messa sotto scorta, sono solo due esempi su tanti altri. Questa è la diretta conseguenza della mancanza del necessario coraggio e rigore nell’affrontare la verità storica. Chi oggi visita Berlino, ieri cuore pulsate dell’ideologia del male e della sopraffazione, culla del nazismo e della superiorità della razza, col pretesto dello spazio vitale necessario al terzo Reich ha messo a ferro e fuoco l’Europa, causando cinquanta milioni di morti, sei milioni di ebrei, ed altre minoranze e oppositori politici che hanno trovato la morte nei campi di concentramento e nelle camere a gas. Il visitatore cercherà invano i segni di quel criminale regime se non in luoghi preposti alla conservazione della memoria collettiva. La repubblica tedesca non ne ha bisogno, perché loro si, hanno fatto i conti con quel passato assumendosi la responsabilità politica, storica e morale. La grande lezione che la Shoah ci consegna una certezza alla quale nessuno può sfuggire, la vita di ognuno di noi è legata indissolubilmente alla storia.

* Ex responsabile Camera del lavoro della Cgil di Corigliano

 

 

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