di Salvatore Martino

Dopo aver ricordato, nei giorni scorsi, l’incredibile tragedia della Shoah e la follia di un fanatismo razziale che andò oltre i confini dell’umana immaginazione, è doveroso far memoria, in questa giornata, dell’altro grave crimine delle Foibe, che insanguinò per anni alcune regioni del nostro Paese.

Una grande vergogna, per decenni ipocritamente dimenticata, che ci spinge a pensare che l’uomo, nonostante il cammino millenario di civiltà e di progresso, quando perde la consapevolezza del suo essere uomo e dei valori che lo rendono tale, diventa capace di crimini orrendi. Fu quello che capitò, durante e dopo la seconda guerra mondiale, a gran parte della popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia, che fu deportata e vilmente massacrata dai partigiani di Tito con la sola colpa di essere italiana. Un’altra vicenda che non bisogna dimenticare e archiviare nei registri della storia, se si vuole costruire un futuro degno di questo nome. Pur essendo forte e inappellabile la condanna pronunciata da tutti nei confronti di crimini così orrendi, se si considera il clima concitato e convulso che si respira, in questo periodo, non solo nel nostro Paese ma in quasi tutto l’Occidente, il sospetto che fatti del genere si possano ripetere non lo si può addebitare solo al pessimismo.  Il silenzio e la paura non solleva da responsabilità ma rende complici di quel che accade e che si vorrebbe non accadesse.

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