di Salvatore Martino


Nella trasmissione andata in onda il tredici ottobre c.m. su Rai Uno, Ulisse-Viaggio senza ritorno, il bravissimo Alberto Angela ha presentato una sorta di reportage dei fatti e degli avvenimenti, che caratterizzarono, il 16 ottobre 1943, le operazioni di rastrellamento compiute dai nazisti nel quartiere ebraico di Roma: 1023 persone, tra donne uomini e bambini, furono strappate alla vita di tutti i giorni e deportate come bestie nei campi di concentramento in Germania. Ad Auschwitz-Birkenau la maggior parte di esse, tra sofferenze e violenze indicibili, trovò la morte.

Una vicenda tremenda, che Alberto Angela ha saputo magistralmente raccontare, documentare ed inquadrare all’interno di ciò che fu il nazismo, e che si inscrive a caratteri cubitali fra le pagine più incredibili e vergognose della storia dell’umanità.

A distanza di settantacinque anni, occorre ribadire, senza vuoti di memoria né tentennamenti, che queste vicende non possono essere relegate a semplice ricordo perché costituiscono un marchio di infamia che continua a pesare sull’intera umanità, che rimase inerme ed ammutolita di fronte allo sterminio di milioni di esseri umani che ebbero la “colpa”, secondo la filosofia nazista, di appartenere ad una “razza inferiore”.
Occorre ricordare che ogni qualvolta l’uomo perde la consapevolezza del proprio essere e dimentica la storia, diventa, in ogni tempo, capace di simili atrocità.

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