di Rossella Librandi Tavernise

A Maggio, mese dedicato al culto della Vergine Maria, la Madonna dei fiori (Shën Mëria i lulëvet), in Chiesa l’altare della Madonna è sempre ornato di rose e fiori che in questo mese primaverile abbondano nelle campagne e sui balconi.

Ma…c’è un proverbio, nel dialetto calabrese di queste parti, che dice: “Aprile fa u juru e Maju tena l’onuru”, significa che tutto ciò che appare a Maggio era in boccio già in Aprile, quindi Maggio si prende il merito della fioritura; il detto viene usato anche con significato metaforico.  A fine maggio, nel giorno della festa della Madonna, i bambini, preparati dalle suore, facevano la Prima Comunione. Quando ero piccola, noi bambini, nelle case, con l’aiuto dei grandi costruivamo, sopra un tavolino con mattoni o scatole, un piccolo altare di due o tre gradini, lo coprivamo con un bel panno ricamato e al centro, in alto, mettevamo l’immagine o una statuetta della Madonna; si completava mettendo intorno altre immaginette di Santi e si abbelliva con piccoli portafiori e lumini. Poi, ogni sera, con le amichette ci riunivamo, a turno, nella casa di una di noi per recitare davanti all’altarino il Santo Rosario e cantare le canzoni dedicate alla Madonna. A maggio con Şaşaria io scendevo a Cantinella di Corigliano, in pianura, da zia Agatella Tocci per raccogliere la profumatissima camomilla che in quel periodo tappezzava i campi lasciati a pascolo: si raccoglieva recidendo le piantine alla base in modo da mantenerne il gambo lungo. Tornate a casa si facevano i mazzetti legando i fiorellini alla base e si coprivano rivoltando gli stessi gambi quindi, legati e ben chiusi, si mettevano nelle ceste a seccare al sole. All'occorrenza con un mazzetto si preparava una dolcissima e salutare bevanda. Dopo la mungitura delle mucche si faceva la ricotta e a pranzo zi Agatela preparava “ 'mbanaten” (l'impanata), una gustosa zuppa, con il siero del latte, la ricotta e il pane casereccio tagliato a tocchetti. Şaşaria, la pettinatrice, approfittava di questa uscita per fare këshetet (la pettinatura tradizionale) ad alcune sue clienti sposate di Vaccarizzo le quali, pur avendo la casa in paese, risiedevano quasi tutto l'anno con la famiglia, per lavoro, nelle masserie della pianura.

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L’altarino si manteneva anche a Giugno sostituendo, però, l’immagine della Madonna con quella del Cuore di Gesù, poiché giugno è il mese dedicato al Sacro Cuore. Tra le altre festività di questo mese la Chiesa, il 24 giugno, ricorda la nascita di San Giovanni Battista, nato già Santo come si legge nel Vangelo di Luca. In questa data nel calendario romano antico ricorreva il solstitium e si celebravano il culto solare e gli dei agresti con feste che duravano parecchi giorni perché, grazie alla loro protezione, l'estate tornava con abbondanti frutti. Poiché il giorno di San Giovanni cade pure il 24 giugno il Cristianesimo ha sincretizzato anche quei riti pagani mantenendoli e attribuendo loro significati spirituali: lo stesso Battista conserva i caratteri di una divinità agricola riflessi nei riti agrari della sua festa, infatti nell'antica iconografia Egli è rappresentato fra tronchi d'albero spezzati e rigermogliati che simboleggiano i due temi magicoreligiosi della morte-rinascita e fecondità-fertilità. Pertanto nel folklore sono stati conservati e tramandati gli antichi riti magici che nel giorno di San Giovanni si ripetono dall'estremo nord dell'Europa fino ai paesi del Mediterraneo. Essi sono considerati propiziatori per il raccolto e purificatori e profilattici per le malattie degli animali e dell'uomo. Anche per questo motivo nel meridione d'Italia la cerimonia del comparatico, che si svolge nel giorno di San Giovanni, si ispira al concetto che tra l'uomo e le piante possa stabilirsi una simbiosi fecondatrice e rinnovatrice di energie. In Calabria tale cerimonia sancisce una sacra parentela che si stabilisce con l'invio scambievole tra due amiche di un mazzo di fiori e di erbe odorose chiamato “ramaglietto” (dalla parola ramaglia, fascio di rami recisi). A Vaccarizzo tale parola, evidentemente percepita male dagli albanesi, è stata trasformata in rambalet. Questa gentile cerimonia, che rinsalda un'amicizia tra una coppia di amiche, evidentemente è piaciuta tanto, in paese, da essere stata adottata, per cui fino agli anni '50 del sec. scorso era ancora in uso farsi “comari col ramaglietto”, 'ndrikula me rambaletin: le due amiche si scambiavano piccoli doni ben presentati e posti in un cestino ornato con una bella tovaglietta ricamata. Inoltre nei nostri paesi il comparatico di Battesimo che apparenta il padrino e la madrina al figlioccio e ai suoi genitori è ritenuto un legame sacro che deve essere protetto e custodito con cura e non lo si deve incrinare o spezzare con litigi o acrimonie di alcun genere e, in nome del Battista, i compari dicono di essere Sangiuani in dialetto calabrese e Shiniani in lingua arbëreshë.

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