Categoria: cultura
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di Giulio Iudicissa

Quest'inverno è diverso e tarda ad annunciarsi l'attesa primavera. V’è nell'aria come una mestizia, quale quella che sorprendo negli occhi tuoi, Padre mio, al vespro, mentre ti abbraccio e ti dico che tornerò domani. E neppure mi sfugge il tuo passo lento, se mi volto a guardarti ancora, quando già sei in fondo al corridoio e ti appresti a rientrare nella tua stanza. Sei qui, in ospedale, per lenire un dolore. Ma perché, d’improvviso, questo farsi concitato intorno a letto? I medici, quanti, questa notte terribile e dolce! Ed io a tenerti le mani, già fredde, e a carezzarti il viso, che mostra il soffrire e l'affanno. E intanto si accosta, pietosa, la buona Suora Emiliana, che veglia e ci dice che prega, così come noi. Il cuore disposto alla pace, ti addormenti che è l'alba e te ne vai, Padre, mentre un fievole raggio di sole, dall’invetriata in fondo al corridoio, annuncia il primo giorno di primavera, in Roma. È il 21 marzo 1974.