Categoria: cultura
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Sono diffusissime, in Grecia, le trattorie che, d’estate, dispongono i tavoli  all’aperto, spesso sotto un rigoglioso pergolato.

Se poi sei un ghiottone, come me, sempre alla ricerca di specialità locali gustose e condite con olio  d’oliva e spezie e aromi mediterranei, ti può anche capitare, di sera, vicino all’ora di cena, di vedere uno di questi graziosi posticini e, non sapendo resistere alla tentazione, scegli  di non perdere quella ghiotta occasione. Ed io ed Ottorino credemmo di aver trovato quel che faceva al caso nostro: un bel pergolato, un paio di tavoli con alcune sedie, la padrona che stava a chiacchierare con amiche e parenti. Fermammo la macchina pregustando le saporose vivande di quella cucina mediterranea. “Kali spera” dissi in un mio tentato greco. “Kali spera” risposero tutti in coro. Subito io esordii, con la mano appuntita portata verso la bocca: “si mangia?” Tutti annuirono e ci indicarono le sedie su cui potevamo prender posto. Cercai di chiedere cosa si poteva mangiare oltre, beninteso, la ricca insalata greca con pomodori, formaggio pecorino, cetrioli, origano ed olio d’oliva che notammo, già pronta, in un fantasmagorico tripudio di colori, su un tavolo di servizio, accostato alla parete. Ci fecero cenno con la mano di aspettare. Ad un certo punto cominciammo a percepire il rumore di un trattore che si avvicinava e, dalla generale animazione, capimmo che era in arrivo ciò che dovevamo mangiare. Fummo colti da un attimo di smarrimento, poichè non riuscivamo a capire perché il cibo  doveva venire da fuori. Ottorino cercò di darmi una spiegazione : lo sai che in Grecia le famiglie usano servirsi molto del forno pubblico per cuocere le pietanze. Addirittura una famiglia prepara la pasta per un solo pane che manda a cuocere dopo aver i appiccicato un bigliettino col cognome. Probabilmente anche questa trattoria, con pochi clienti, evita di accendere il proprio forno e si, serve di quello pubblico. Infatti stava  arrivando il capretto al forno con patate che il giovane figlio aveva portato a cuocere. Mentre  cominciavamo ad assuefarci a quell’ambiente, ci sembrò strano che tra i familiari ci fossero due distinte ragazze, che dal modo, di vestire e di, parlare …francese, si capiva che erano straniere, ma mostravano grande familiarità con i padroni. E non avevano mancato di intervenire nella nostra conversazione. Finalmente tutto cominciava ad esser chiaro. Il ragazzo che stava portando il capretto, era studente universitario e, da qualche parte, aveva conosciute le due francesine e le aveva invitate a trascorrere una vacanza in Grecia, a casa sua. Altro che trattoria. Eravamo capitati in una pacifica famiglia greca felicissima di dividere l’abbondante cena con noi. E non mancava il tipico vino resinato, al quale, alla millenaria usanza greca, per assicurarne la conservazione, viene, aggiunta una piccola dose di resina di pino che, se pur conferisce un iniziale  odore leggermente non invitante, una volta fattoci il palato, lo trovi addirittura molto gradevole. E l’indomani mattina non senti quel cerchio alla testa, a causa del deleterio bisolfito con cui sono trattati tutti i ”migliori vini” al mondo. La conversazione fu amabilissima, specie con l’aiuto della lingua francese, e potemmo fraternizzare con quella famiglia greca che non mancava di ripetere quel che dicono in Grecia, a noi, italiani: “UNA FAZA,UNA RAZA”. E non puoi dargli torto, viste le affinità somatiche tra noi e loro e persino quelle alimentari.  Ovviamente non permisero assolutamente che pagassimo.

 Ernesto Scura