Era il 26 Dicembre del 1969 quando giunsi alla stazione ferroviaria di Timisoara, capoluogo rumeno del BANATO, quella vasta regione che sta a cavallo tra la Romania e la Serbia.

Allora la Serbia faceva parte della Jugoslavia guidata dal Despota Tito, mentre la Romania sottostava al rigore del CONDUCATOR (Duce) NICOLAE CEAUSESCU. Uscito dalla stazione mi premurai a cercare un Taxi, e lo trovai, ma a tutto rassomigliava tranne che a un Taxi. Era una sgangherata auto senza la scritta Taxi, ma in compenso, l’autista era molto premuroso e cordiale, per cui gli chiesi di portarmi ad un albergo. Mi condusse ad un vecchio Hotel di modeste dimensioni, che si chiamava, appunto, “BANATUL” (il Banato). Oggi, quell’albergo si chiama HOTEL CINA BANATUL, confermandoci quale triste presagio fosse, negli anni di piombo, quell’espressione slogan dei maoisti di allora : LA CINA È VICINA. Ma torniamo all’autista. Quando arrivammo, non si preoccupò più di tanto di inserire il freno a mano, per cui la macchina continuò lentamente a procedere finchè lui non decise di trattenerla con le mani, mentre mi apriva lo sportello. Pagai con i lei che mi erano avanzati da precedenti viaggi ed entrai in albergo. L’addetto della Reception mi accolse con accattivanti sorrisi, mentre espletava le estenuanti formalità della molto meticolosa registrazione, sotto lo sguardo autorevole di Ceausescu che dominava nella foto appesa in alto, sulla parete. E finalmente fui accompagnato alla stanza ubicata al primo piano. Mi sentii a mio agio in quella stanzetta riscaldata, mentre fuori faceva un freddo cane e la città era ammantata di neve. Notai che non c’era il telefono, nemmeno per comunicare con la reception. In compenso c’era un lavabo. Il bagno era nel corridoio. Sul comodino, una consunta custodia di plastica esponeva la modalità di soggiorno e le avvertenze per gli ospiti. Cominciai a leggere e, la prima cosa che mi attirò fu la scritta che qualche buontempone italiano, forse veneto, aveva aggiunto subito dopo la testata “HOTELUL BANATUL” ….DEL BUS DEL CUL con una ben riuscita assonanza con tutte quelle L che abbondano nella lingua rumena come residuo del latino “illu”. Intanto avvertivo un leggero prurito sui glutei nel punto in cui, una settimana prima di partire, mi era stata praticata una puntura di antitetanico, e si era formata una piccolissima papula. Non mi preoccupai più di tanto e, buttatomi a letto mi addormentai subito. Verso le tre di notte mi svegliai in preda ad un prurito generale su tutto il corpo. Mi guardai allo specchio e rimasi inorridito : ero diventato tutta un papula rossa. Mi lavai il viso con acqua fredda, ma non sentii alcun sollievo, spalancai la finestra e respirai a pieni polmoni l’aria gelida della notte, niente. Capii che ero sotto attacco di una violenta reazione allergica e decisi di scendere giù alla Reception. Afferrai la maniglia della porta e…. e poi non ricordo più nulla. Quando mi svegliai ero disteso supino sul pavimento, con la porta che era rimasta spalancata quando tentai di aprirla. L’arrossamento da papule era sparito, e non c’erano tracce di gonfiori. Decisi di farmi accompagnare all’ospedale. Sceso giù misi in allarme la Reception che non esitò a chiamare l’ospedale. Venne un infermiere che con molto garbo mi accompagnò all’ambulanza che probabilmente era stata ricavata da un camion. Proposi di sedermi anch’io in cabina, con l’autista e l’infermiere. Non fu possibile perché il protocollo non lo prevedeva e, quindi, mi fecero distendere sulla lettiga. Non vi dico la paura di scivolarne fuori, ad ogni sobbalzo che quel mezzo subiva per le dure sospensioni e per le buche stradali. Bene o male, arrivammo all’ospedale e, saliti i pochi gradini, mi fecero distendere sul lettino delle visite. Una imponente figura di medico con fare molto gentile, mi chiese cosa era successo e spiegai che molto probabilmente avevo miracolosamente superato una crisi anafilattica. Mi misurò la pressione e lo vidi impallidire. Mi chiese, “io non so quale essere tua pressione normale…” Intervenni rapidamente rassicurandolo che di solito la mia pressione e molto bassa. Notai che avevo fugato le sue preoccupazioni dovute al riscontro del basso valore di pressione rilevata che era compatibile con lo stress che avevo subito. Mi somministrò una pilloletta di calcio. In Italia mi dissero che di solito si dà del cortisone. Ma lì di cortisone non ne disponevano ancora. Poi mi confidò che era innamorato dell’Italia e che lui non mancava di ascoltare sempre radio Roma. Mi riportarono con la stessa traballante ambulanza in albergo. L’infermiere volle accompagnarmi fino alla stanza. Mi sentii in dovere di fargli un omaggio e gli regalai una stecca di sigarette Marlboro. Gli brillavano gli occhi. Disfece subito la confezione, distribuendo i pacchetti nella varie tasche della giacca e dell’impermeabile, onde evitare che qualcuno potesse notare quell’ingombrante compromettente regalo che per le leggi vigenti poteva configurare il reato di … “intelligenza col nemico”. Per due giorni consecutivi venne, due volte al giorno, a misurarmi la pressione.

 Ernesto SCURA

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