di Liliana Misurelli

Corigliano Calabro diede i natali ad un prodigio della musica che si formò a Napoli, capitale europea della cultura, soprattutto musicale, dove morì prematuramente il 6 settembre 1921, vigilia di Piedigrotta.

Siamo così entrati nel centenario della sua morte e dobbiamo prepararci a celebrare questo evento come merita un importante protagonista dell’arte e della cultura italiana nel cinquantennio a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Le melodie del Valente, grazie anche a grandi interpreti come Lina Cavalieri ed Enrico Caruso, furono presto conosciute nel mondo che tanto apprezzava le canzoni napoletane d’autore. Siamo nel pieno di quello che viene identificato come il “Secolo d’oro” della canzone napoletana e Vincenzo Valente ne fu uno dei padri fondatori, ma fu anche il creatore della macchietta e Maestro acclamato dell’operetta italiana. Il successo dell’operetta“I Granatieri” percorse in lungo e in largo l’Italia e, non a caso, ha scritto Salvatore di Giacomo”Il successo de «I granatieri» arrivò persino in America. Nell’operetta il Valente fu il solo maestro che in Italia seppe tenere testa ai Francesi e Tedeschi. Le sue più popolari operette gli procurarono la simpatia e la stima dei pubblici più intellettuali d’Italia e di America”. quattordici anni firmò il primo successo con la canzone “T’aggia parlà no poco” che in breve tempo fu molto apprezzata e fu un successo straordinario. Non ci sono purtroppo registrazioni del brano, ma noi abbiamo potuto conoscerlo grazie all’interpretazione di Gianni Lamagna, la voce storica de “La nuova Compagnia di Canto popolare”, del poliedrico interprete Gianni Aversano e della bellissima voce di Emanuela Loffredo, con arrangiamenti del grande Maurizio Pica, durante alcuni concerti dedicati a Vincenzo Valente nel Castello ducale organizzati dal “Centro di Valorizzazione Vincenzo Valente” grazie all’amministrazione comunale della nostra città.  La creatività di Valente si espresse con pari originalità e gusto in tutti i generi e in tutte le composizioni. L’arte musicale valentiana è stata definita da Ferdinando Russo “una vena di musicalità geniale che si può paragonare alla cascata del Niagara: impetuosa, spumeggiante, trillante, scintillante, dall’operetta alla romanza, dal pezzo concertato allo stornello, dalla canzone al couplet; tutta questa musica è poi scritta, armonizzata, tracciata, con una perizia che è di pochi maestri”.  L’editore Ricordi pubblicò gran parte della sua produzione artistica su tutto il territorio nazionale e mondiale; altri importanti editori furano Bideri, Santojanni e Morano, quest’ultimo dedicò al maestro Valente, negli anni 1902 e 1903, due importantissimi fascicoli di Piedigrotta a lui intitolati. Una schiera di artisti impreziosì le copertine dei suoi spartiti ispirandosi al mondo fantastico della natura in cui la figura femminile è la protagonista, secondo le tendenze e i gusti della Belle Epoque e così Dalbono, Scoppetta, Migliaro, Rossi e Hohenstein crearono veri capolavori. II 16 ottobre del 1888 giunse a Napoli l’imperatore di Germania Guglielmo II e Vincenzo Valente ebbe l’onore di preparare il concerto di Stato, a Palazzo Reale, con l’esecuzione del suo repertorio. Per l’occasione il Maestro compose per l’imperatore una serenata “A Piedegrotta” la cui musica fu rivestita di versi da Ferdinando Russo. Il musicista diede prova di grandissima abilità nel dirigere l’orchestra di 152 elementi, di cui 100 suonatori, professori di mandolini e chitarre, 50 coristi del Teatro San Carlo, un tenore e un baritono, rendendoli disciplinati come una vera orchestra d’archi. Nel 1909 Vincenzo Valente si recò in Francia, a Marsiglia e poi a Parigi, attratto, come tanti altri grandi artisti, dalla ricchezza della tradizione culturale e dallo scambio di idee e di esperienze. Il suo nome, non nuovo nell’ambiente francese, si affermò in tutta la sua grandezza. “I Granatieri” furono tradotti in francese e diedero al maestro la soddisfazione del trionfo dell’operetta italiana nei teatri francesi. Il musicista non trascurò la composizione e, sollecitato dalle imprese teatrali, riprese la direzione orchestrale che risultò superba. Diverse sono le sue composizioni in lingua francese tra cui l’operetta “Vertiges d’amour”, ma, nonostante il successo, il Maestro sentiva forte la nostalgia della città partenopea, per cui rientrò a Napoli alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale. Napoli l’attendeva per dargli ancora grandi soddisfazioni e così nel 1917 gli fu intitolato un altro importantissimo fascicolo “Piedigrotta 1917” con la prefazione di Salvatore Di Giacomo che rivestì di versi 4 bellissime composizioni del musicista. Il fascicolo fu edito dall’Istituto Nazionale del Commercio che per l’occasione divenne casa editrice.  Fu Napoli, oltre alla musica, la sua grande passione, la vera identità che sentì sua. E mai come per lui, dirsi napoletano, come asserisce lo storico Giuseppe Galasso a proposito della napoletanità di Croce, significò dirsi “del Regno di Napoli”, il che definiva insieme abruzzesi, pugliesi, lucani, calabresi, campani. E, infatti, l’ultimo pensiero del Maestro, prima di morire, fu rivolto a Napoli: “E’ Napule”, questa deliziosa canzone è l’ultima che è stata musicata dal compianto Maestro un secolo fa. Il “Corriere di Napoli”, datato 8/9 settembre 1921, nel celebrare la festa settembrina di Piedigrotta, pubblicò, accanto alla cronaca delle esequie del celebre musicista, anche i versi della sua ultima composizione. Vincenzo Valente si congedava dalla vita, ma rimaneva il protagonista assoluto della scena musicale napoletana sul palcoscenico più verace e schietto del mondo, lanciando, nella Piedigrotta del 1921, ancora capolavori che il popolo cantava nelle strade per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio.  In ricordo dell’attività cinquantennale del grande musicista, nel 1927 l’amministrazione comunale di Corigliano Calabro gli ha dedicato una piazza e un teatro. Anche quest’anno mi auguro di organizzare la settima edizione del Premio Nazionale Vincenzo Valente con forme di gemellaggio con le istituzioni delle città di Napoli, di Sorrento e di Procida, capitale italiana della cultura 2022. Valente ci lega a tanti luoghi di forte identità culturale che ci hanno preceduto nel celebrare la memoria di grandi artisti. In questo caso la nostra attenzione è per Sorrento per la famosissima canzone “Tiempe Belle” il cui autore dei versi è il sorrentino Aniello Califano, ma anche perchè Valente ha composto una bellissima “Tarantella Sorrentina” su versi del  grande Salvatore Di Giacomo, edita dalla Ricordi nel 1900. “Prucitana” è  “A’ Sirena”, la famosissima canzone su versi di Salvatore Di Giacomo presente nell’Archivio storico della canzone napoletana della Rai con oltre cento diverse interpretazioni di grandi cantanti. Sicuramente dopo aver ascoltato nel nostro castello diversi motivi inediti, perle preziose di cui mancano le registrazioni, dobbiamo preoccuparci di incidere un CD come hanno appena fatto a Napoli, incidendo canzoni inedite di S. Di Giacomo e del nostro Valente, così non rischiamo di perderle in maniera definitiva. Sarebbe anche un bel segnale donare alla comunità una scultura che possa parlare in un contesto del centro storico dell’area urbana di Corigliano già così fortemente in degrado. Confido nella sensibilità dell’amministrazione comunale della città di Corigliano-Rossano, ma anche di quanti vogliono impegnarsi nella cultura per le celebrazioni del centenario della scomparsa di Vincenzo Valente, evento che sicuramente potrà avere dimensioni internazionali, in un momento in cui abbiamo tanto bisogno che l’arte nutra l’anima e lo sguardo. 

Crediti