di Rolando Perri 

Instrumentum adoperato, a guisa di tecnica narrativa  di livello qualitativo performante e caratterizzante i diversi passaggi a ritroso nel tempo, è l’analessi, di cui  risulta apprezzabile e fondamentale la ragione, attraverso la quale, il testo si dipana nel suo svolgimento strutturato organicamente e funzionale allo scopo preventivamente fissato.

La retrospezione dei fatti e degli avvenimenti, dei personaggi  calcisticamente rilevanti  tratteggia  il tutto a mo’ di pennellate  pittoriche autoriali sotto la volta del Cielo, massima aspirazione e soddisfazione appagante di un’esistenza  focalizzata, vitale, soltanto tale, se coniugata e vissuta in simbiosi costante e fascinosa insieme a una sfera di cuoio roteante su un rettangolo di gioco erboso o in terra battuta rossastra. Un Amarcord  nostalgico ed emozionale riporta la memoria a quando quel campo, di proprietà del Collegio Sant’Adriano, per la prima volta, fu sistemato da operai friulani  durante il Ventennio fascista e alla sua originaria denominazione, romantica ed emblematica di un comune sentire, Civetteria. Si dilunga, con dovizia di particolari, su un rituale  avvolto in un alone di sacralità, propiziatorio  nell’attesa spasmodica di una possibile vittoria: il mastro calzolaio che si affretta e si adopera   nel preparare  soltanto due palloni,  considerate le scarse disponibilità economiche di allora, assicurandone la perfetta funzionalità. Indugia  su  come il calcio, lato sensu, si sia caratterizzato, in un determinato arco temporale, per le dispute rionali, dietro le quali si muovevano due modelli di aggregazione sociale: da una parte, la parrocchia con i suoi  insegnamenti declinati interamente sul versante di una religiosità consaputa; dall’altra, la sezione di partito a sostegno di un orizzonte esistenziale eminentemente laico. Una sorta  di riflesso pavloviano nella lotta aperta e senza esclusione di colpi tra  don Camillo e Peppone, personaggi tipicamente guareschiani che, tuttavia, assunsero caratteri di universalità  negli Anni Cinquanta oltre i confini territoriali della bassa padana. Il racconto storico della Sandemetrese si concentra, prevalentemente, sul secondo cinquantennio del Novecento, ma sono molti gli spunti e i richiami intrecciati con l’evoluzione societaria e agonistica, accompagnata fino alla militanza nei campionati più prossimi ai giorni nostri.   Il sodalizio calcistico ebbe, alle sue origini, un’intuizione singolare e spendibile in termini di notorietà, di collegamento a una visione sognatrice  nello scegliere la maglietta color granata da far indossare ai suoi atleti, come il mitico Torino, perito nel tragico incidente aereo di Superga.  Ai vertici della società si sono avvicendati dirigenti mossi, esclusivamente, dalla passione per questo sport e animati da una generosità inusitata nel cercare sempre di tenere alto il vessillo e il nome della squadra a beneficio della quale hanno speso energie fisiche, altresì risorse finanziarie, di notevole portata. Gli allenatori, succedutisi alla guida della compagine, sono stati di spessore elevato sia per la loro preparazione tecnica, sia per aver sposato convintamente il progetto volto a valorizzare, parimenti, i giovani più promettenti e a dare prestigio a un luogo già di per sé meritevole di attenzione. Tantissimi i giocatori che hanno composto le diverse formazioni nello svolgimento dell’attività federale, alcuni dei quali si sono distinti anche in competizioni di categorie superiori  a conferma della loro bravura che, forse, in altri contesti geografici avrebbe portato a gratificazioni maggiori. Dalla sinergia delle tre componenti, appena  menzionate, scaturì il risultato più esaltante per la Sandemetrese: la vincita del campionato di Prima Categoria e il debutto in Promozione nell’anno 1993-94. Nondimeno, lo sport più popolare in Italia assomiglia molto, nelle sue parabole ascendenti e discendenti, alla vita, anzi, in qualche misura, ne è la metafora: vittorie, sconfitte, rinascite o ripartenze. L’opera – introdotta dalla  prefazione di Giacinto De Pasquale e conclusa dalla postfazione di Antonio Sposato, entrambe brillanti ed esaustive – è connotata da uno stile elegante,  affabulatorio e denso, in alcuni tratti, di emotività toccante e passionale  per un registro linguistico modulato sulle situazioni descritte e in aderenza alle caratterizzazioni umane presentate. Essa si avvale di immagini rare e di materiale documentale prezioso a corredo  della parte discorsiva. Il target di riferimento non è soltanto quello degli aficionados del pallone, tutt’altro. Non un Uditorio di nicchia, bensì tutti coloro che, attraverso gli anni, hanno stabilito un contatto diretto con la Comunità  della Città di San  Demetrio Corone, ridente e ospitale, nonché presidio impareggiabile di cultura e palestra insostituibile di formazione umana e sociale per molte generazioni di professionisti all’interno del Collegio Sant’Adriano. L’Autore – Voce Narrante e coprotagonista nella veste duale di calciatore e  di trainer del passato – dedica l’edizione del libro a suo fratello, Angelo, prematuramente strappato agli affetti più cari. Un giocatore talentuoso e geniale, la cui stella calcistica non poté sprigionare appieno tutta la sua luce sol perché collocata in un firmamento periferico.

 

Crediti